di terrazze strappate ai dirupi indicano
la lama su cui spunta improvvisa Triora
sospesa tra l’olivo lento e l’avara vite. Questi carugi
ricordano il lavoro scarso di frutti
e l’amore ancestrale per la Terra
che non sazia.
Naufrago dolcemente in un mare di boschi
alla deriva nella Valle Argentina.
Qui prosperarono i culti rurali pagani
e le danze della morte.
È questa da sempre un’area di confine
eternamente sospesa tra declini e glorie
tra fini cibori e i culti degli zotici
tra portali scolpiti e catapecchie
abbandonate. Risalgo dalla Cabotina (**)
e con la mente risento i grevi suoni delle tarabacche (***)
e delle sgrizzure (***), che si uniscono al salmodiare
del clero nel corso della Settimana Santa
mentre fuori la chiesa è il trionfo processionale
dei corni da caccia e delle trombe marine.
Rivedo quelle gracili Madonne oscillare pericolosamente
sulle spalle ossute di uomini oranti
che ostentano sacrificio e prestigio, arrancando
sulle magre salite per uno straccio di virtù.
Anch’io sto arrancando, e mordo il pane antico dei pastori
mite compagno di viaggio tra le balze e l’acqua
che scorre, limpida e immemore
nel tripudio dei castagni e dei ruderi
(*) streghe
(**) la Cabotina, o Grotta delle Streghe, è legata a un processo del 1558, che si concluse con la condanna a morte di numerose donne accusate ingiustamente di stregoneria
(***) la tarabacca è una tavoletta di legno, con due manici mobili per lato, usata durante la Settimana Santa; sostituiva anche le campane in segno di lutto. Dal mercoledì al Venerdì Santo i ragazzi con le tarabacche e le sgrizzure, girelle dentate mobili costruite intorno ad un apposito manico, si aggiravano per i carugi ad annunciare gli uffici divini, tra i quali quello delle tenebre.
Nella foto: Triora