La vittoria maledetta

In queste ore terribili, dove a Gaza si sentono solo le armi e le ragioni della violenza e della vendetta, tutti i mass media ci parlano degli effetti ma nessuno ha il coraggio di affrontare le cause del conflitto israelo-palestinese. Per aver solo accennato a queste cause, il Segretario generale dell’ONU Antonio Guterres è stato ferocemente attaccato pochi giorni fa dall’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti e nelle Nazioni Unite, Gilad Erdan.

C’è un bellissimo saggio scritto da Ahron Bregman che invece ci può aiutare a capire le cause di questa tragedia, che rischia di far sprofondare il mondo intero in un nuovo baratro. Si intitola La vittoria maledetta (tradotto in italiano per Einaudi nel 2017) e che ci parla dell’occupazione israeliana della Cisgiordania, di Gerusalemme, delle Alture del Golan, della Striscia di Gaza e del Sinai.

L’occupazione militare israeliana dei territori palestinesi ha compiuto e superato i cinquant’anni, e le promesse di Israele di condurre un’occupazione ‘leggera’ sono state rapidamente disattese. Anche tutti i tentativi diplomatici di concluderla sono miseramente falliti. Il saggio svela come siano state mancate opportunità cruciali per risolvere il conflitto e porre fine all’occupazione.

Tra le mille incertezze di questo nuova escalation, emerge comunque chiaramente un dato. Non basteranno certo le azioni militari ad Israele per sradicare il fenomeno di Hamas e di Hezbollah. Più Israele colpirà il Sud del Libano, la striscia di Gaza e più reprimerà i palestinesi nei Territori occupati e più la fenomenologia dei martiri di Allah si ritorcerà contro Israele.

Accanto ai martiri di Hamas e di Hezbollah, altri martiri di Allah (che provengono sempre dai ceti più poveri e disperati delle popolazioni mediorientali) sono sempre pronti a immolarsi per proteggere dall’umiliazione il mondo arabo e a colpire la popolazione civile israeliana. Nei cunicoli sotterranei di Gaza, i soldati israeliani rischiano inoltre di fare la stessa fine che fecero i soldati americani nei cunicoli vietcong di Cu Chi.

Una fantomatica comunità di musulmani protomartiri oggi ha bisogno di una fantomatica comunità di miscredenti da odiare, così come il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha bisogno di elevare il livello dello scontro con Hamas per indebolire l’Autorità palestinese e consolidare il suo potere interno. Ma si sta scherzando col fuoco. Dietro i martiri di Allah mediorientali e yemeniti c’è la mano di una superpotenza regionale, l’Iran, che ha tutto l’interesse a destabilizzare l’intero Medio Oriente per realizzare l’antico sogno khomeinista: esportare la rivoluzione islamica nel mondo, soppiantando le (sempre più deboli e confuse) democrazie di stampo occidentale

La pratica suicida dei martiri di Allah richiede un altissimo livello di abnegazione e di accecamento che solo un’obiettiva condizione di assoluta disperazione può garantire. Lo scontro continuo (verbale, culturale, militare) alimenta sempre il circolo vizioso dell’odio e della violenza, in una spirale senza fine che ogni giorno richiama i suoi tributi di sangue e le sue tragedie.

Davanti alle minacce dei nuovi martiri di Allah il mondo intero non sa più come difendersi. L’islamismo radicale si manifesta oggi in tutto il mondo nelle sue multiformi manifestazioni attraverso il martirio, che resta una componente essenziale della spiritualità del mondo sciita. Finché rimarranno i problemi principali in Palestina e nel Medio Oriente e tutte queste forme di umiliazione del mondo arabo – islamico, ci saranno sempre candidati alla morte sacra che sbandiereranno gli stendardi dell’Islam.

Del resto, la bandiera dell’Islam, oggi come nell’Ottocento (quando in Sudan deflagrò la rivolta del Mahdi contro i Britannici), è stata e rimane nel Sahel uno dei principali strumenti di lotta contro il colonialismo e il neocolonialismo occidentale. Ma quello che spaventa forse di più è sapere, toccare con mano che l’idea di questo Islam globalizzato è penetrata nel cuore stesso dell’Occidente, proprio in tutte quelle città moderne immense e anonime, dove il senso di disperazione e di smarrimento disorientano. Non è casuale che il senso di neo-umma nasca proprio nelle periferie delle grandi città europee più degradate e scarsamente inclusive (Londra, Parigi, Bruxelles ecc.).

Non dobbiamo inoltre lasciar soli chi in Israele, ancora oggi, si batte contro Netanyahu per il rispetto delle regole internazionali, perché venga pronunciata la parola ‘fine’ all’occupazione israeliana dei territori e chiede che venga finalmente interrotto il circolo vizioso della violenza e dell’odio. Non ci sarà mai pace senza giustizia e senza la fine di questa occupazione. L’intero pacchetto chiamato ‘Stato palestinese’, con tutto ciò che esso comporta (profughi compresi), deve tornare subito nell’agenda delle istituzioni internazionali.

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore