Spiritualità delle vette (seconda puntata)

Il Kailash nella mitologia buddhista e jainista

“V’era, un tempo, un picco del Monte Meru famoso nel trimundio. Questo picco traeva la sua discendenza dal Sole ed era chiamato Luminare; era ricco di ogni sorta di gemme, incommensurabile, inaccessibile a tutte le genti. Là, sul pendio montano adorato d’oro e di minerali, il dio Shiva stava assiso come su un divano, rifulgendo di intenso splendore…”(dal ‘Mahabharata’).

Tornano alla mente le solitarie pietraie intorno al Kailash, dove visse Milarepa, cibandosi di sole ortiche e radici e vestendosi di cotone nei rigori estremi del clima tibetano, grazie alla sua capacità di generare il ‘tumo’, il calore interiore che si sviluppa attraverso la meditazione.

Milarepa non possedeva nulla e si sottopose a privazioni tremende. Lo stesso spirito di Milarepa anima l’ascetismo attuale del jainismo, i cui seguaci sono strettamente vegetariani e fanno penitenza digiunando.

Lo stesso Gandhi sentì in modo particolare l’influsso degli insegnamenti jaina. Aveva accettato l’Ahisma, l’arte del non far male, come base della sua politica e della sua vita; si accontentava di una semplice copertura ai lombi e poteva digiunare fino alla morte (presso i jaina, il suicidio per fame rappresenta la massima vittoria dello spirito sulla cieca volontà di vivere…).

I jainisti possono pertanto riconoscerlo come uno dei loro Jina, il ‘conquistatore’, uno dei grandi Maestri a cui – come essi ancora credono – il fato ha ordinato di apparire a intervalli regolari per illuminare il popolo dell’India e del Mondo intero, l’incarnazione del Grande Spirito che periodicamente diventa carne per redimere.

Perché il Kailash è così sacro?

Come è possibile che il Kailash, una montagna di appena 6000 metri, sia considerata così importante, quando ve ne sono di ben più alte e imponenti nella catena himalayana? Quali sono le ragioni che fanno del Kailash la montagna più sacra del mondo? Cosa contribuisce a fare di questa montagna un archetipo così radicato nell’inconscio collettivo dell’intero continente asiatico?

“L’Illuminato dice in verità che questa montagna di neve è l’ombelico del mondo…Qui si può raggiungere la Perfezione trascendente”. Dall’altopiano intorno al Kailash nascono il Gange, l’Indo, il Suthej ed il Brahmaputra. Sulle sue pendici cresce la famosa e mitica ‘soma’, la bevanda della non-morte, l’elisir di lunga vita che va raccolta nelle notti di luna piena e a cui sono stati dedicati ben 120 ‘Veda’, le antiche scritture sacre dell’India.

La fase più antica dell’Induismo è rappresentata dalla religione Vedica (c. 1500 a.C.), durante la quale gli indiani veneravano divinità ritenute originariamente ‘mortali’, che si credeva avessero raggiunto l’immortalità bevendo, appunto, il succo divino della ‘soma’.

Recenti studi, avvalorati dalle letture dei ‘Rig Veda’, hanno accertato che dal Kailash sgorgava il Sarasvati, un fiume descritto come ‘enorme’ intorno al quale si sviluppò la civiltà vedica e che dopo un eccezionale periodo di siccità durato per 300 anni (dal 2200 al 1900 a.C.) si disseccò completamente nelle sabbie desertiche del Thar.

(fine seconda puntata)

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore