Spiritualità delle vette (terza puntata)

Il Kailash, la montagna sacra delle quattro religioni

Il Kailash appare al centro del mitico ‘Chaturdvipa’, il continente-mondo visto come un fiore di loto a quattro petali della cosmogonia vedica, ed è venerato da quattro religioni.

Per l’Induismo, come sopra illustrato, è il regno di Shiva, il dio del ‘Lingam’ (fallo) e delle pratiche ascetiche, il grande Distruttore e Trasformatore.

Per il Buddismo è la dimora di Sanvara, una manifestazione irata di Sakyamuni, ritenuta l’equivalente di Shiva.

Il Jainismo venera il Kailash, in quanto il suo primo santo (Adinath, appunto) lì raggiunse il nirvana.

L’antica religione ‘bòn’ del Tibet vede in esso la montagna dalla svastica a nove piani, sulla quale scese dal cielo il fondatore.

Si racconta che Milarepa un giorno venne sfidato da uno sciamano ‘bònpo’ a salire sulla cima del Kailash. Lo sciamano raggiunse effettivamente la vetta, ma quando si accorse che Milarepa – che camminava ‘sul vento’ – era già lì, si lasciò sfuggire di mano il suo tamburo magico che, cadendo, tracciò quella lunga linea verticale che contraddistingue il versante sud-est della montagna.

Dalla stilizzazione della figura del Kailash e del suo ‘jojoba’, l’albero sacro da cui sgorga il Gange, hanno preso forma, oltre alle torri-pagode (dette ‘Meru’) dell’Indonesia e le splendide ‘shikhara’ (torri) del Khajuraho (vicino a Benares), e gli stessi ‘stupa buddisti’.

Il devoto che si cimenta (sempre in senso orario!) nella ‘pradakshina’ di un Grande Stupa – che poi è la stessa immagine del Buddha – compie teoricamente anche il ‘parikrama’ del Kailash.

Tibetani e indiani ritengono di dover compiere un pellegrinaggio presso il Kailash almeno una volta nella vita. Il percorso consiste in un giro rituale attorno alla vetta lungo circa cinquantatré chilometri e alla quota media di 5000 metri. Sono circa 36 ore di fatica, affrontata perché la sofferenza è elemento essenziale della redenzione.

Un solo “kora” è in grado di cancellare i peccati, ma accumularne 13 significa arrivare più vicini al Nirvana

Con molta probabilità, il pellegrinaggio intorno al Kailash, impegnando severamente ogni individuo, dovrebbe ottenere un coinvolgimento emotivo maggiore, e quindi risultati spirituali più profondi. Ma non è detto che uno ‘stupa’ e soprattutto il Grande Stupa di Sanchi, nell’India centrale, innalzato su una collina suggestiva e immersa nella quiete, non susciti il medesimo effetto. In fondo, tutto dipende dalla disposizione d’animo della persona: anche un viaggio al Kailash può risultare inutile e vano…

Il Kailash non è solo una montagna. È una montagna con una sua ‘personalità’. Vibra di arcano, di miti e simboli, è lì che ti parla. Devi solo accettare il suo invito, e uscirai mutato dall’esperienza. Come con ogni montagna, bisogna passarle accanto percependone il sussurro, riconoscendo la sacralità dei luoghi e la sottile presenza del ‘genius loci’: bisogna avvicinarla con rispetto, tendendo l’orecchio alla sua voce più profonda, cercando di indirizzare lo sguardo oltre la realtà più scontata.

(fine terza puntata)

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore