Sebastiao Salgado, Ermanno Stradelli, i fratelli Castiglioni e l’Amazzonia

Oltre alla mostra sui Marmi Torlonia, sempre a Roma, e precisamente al MAXI, si tiene fino al 13 febbraio 2022 una mostra fotografica di Sebastiao Salgado sull’Amazzonia.

Con il suo immenso territorio, che tocca ben nove Paesi del Sud America e che si estende su un’area grande dieci volte la superficie della Francia, la regione amazzonica è sempre stata una grande fonte di ispirazione. Si tratta della foresta tropicale più grande al mondo, e il 60 per cento di essa si trova in Brasile.

Quando i navigatori portoghesi approdarono per la prima volta sulle coste brasiliane, nel 1500, questa giungla fitta e rigogliosa e bagnata da un’infinità di fiumi era abitata da cinque milioni di indigeni. Attualmente, ne sono rimasti non più di 370mila, suddivisi in 188 gruppi etnici che parlano 150 lingue diverse.

La biodiversità dell’Amazzonia è oggetto di continua predazione da oltre 500 anni. Fonte di paura e ispirazione, la foresta pluviale amazzonica fu chiamata “inferno verde”. Impenetrabile e intrisa di pioggia, era pervasa di pericoli per i forestieri. Chi riusciva a sopravvivere raccontò le sue esperienze, che passarono alla storia: Francisco de Orellana fu tra i primi ad attraversare le foresta equadoregna scendendo il fiume Napo, e nell’Ottocento verrà emulato dal nostro Gaetano Osculati.

Come ho scritto nel mio recente saggio (Amazzonia. Esploratori italiani ai confini del mondo, Porto Seguro, 2021), la cui prefazione è stata scritta da Francesco Surdich, Ermanno Stradelli è stato esploratore, geografo, linguista ed etnologo e ha contribuito in modo straordinario alla conoscenza e alla divulgazione di svariati aspetti delle culture indigene dell’Amazzonia.

Molti esploratori e filibustieri erano attratti dal mito di El Dorado, e non fecero mai ritorno. Altri esploratori andarono in Amazzonia non per arricchirsi ma per amore di scienza e conoscenza. Tra questi voglio ricordare Ermanno Stradelli. Ciò che più attrasse Stradelli e lo appassionò fu soprattutto lo spazio mitologico, uno spazio che, oggi come allora, sospende il tempo della storia, e ci riporta alle origini e alla vera natura umana.

Rappresentando la bellezza dei miti amazzonici, Stradelli seppe scardinare sia le concezioni religiose dei primi missionari, che vedevano il diavolo ovunque, e soprattutto seppe superare i pregiudizi e gli schemi mentali della cultura coloniale dell’epoca (che, almeno all’inizio, permearono il pensiero dell’esploratore francese Henri Coudreau) e infrangere il dogma della pretesa inferiorità culturale degli indigeni. La sua Leggenda di Yuruparí rappresenta un documento di eccezionale importanza, con cui illustra la cosmogonia indigena amazzonica.

Ritroveremo lo spirito di Stradelli nei fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni, che furono ospiti per qualche mese nel 1974 presso un gruppo Yanoama (i Mahekototeri o Maekodo-theri), già descritti da Zerriese o Scuster) stanziati nelle vicinanze di El Platanal nell’Alto Orinoco, in Venezuela. Con la loro spedizione, da cui fu tratto un bellissimo documentario e un libro (Ultime oasi nella foresta, 1989), i mitici fratelli varesini vollero testimoniare l’importanza della tutela delle minoranze etniche.

Questa mostra di Salgado è il frutto di sette anni di vissuto umano, di studi e di spedizioni fotografiche, e queste immagini sono la testimonianza di ciò che resta di un mondo che va scomparendo.

Vi lascio con l’immagine di un volto, quello di una ragazzina Yanomami adornata per una festa. Mostra i pirimahiki, i pezzetti di legno sottili, affilati e appuntiti usati come piercing attorno alla bocca e tra le narici. Sul braccio indossa una “foglia di miele” (Justicia pectoralis), che emana il suo profumo caratteristico. Questa stupenda immagine di Salgado è stata scattata nel 1998 nel Territorio indigeno Yanomami della Comunità di Surucucu, nello Stato di Roraima.

Questo volto, innocente e profondo, ci richiama alle nostre responsabilità. E ci parla della dignità e della resilienza delle popolazioni indigene amazzoniche, che ogni giorno combattono la loro pacifica battaglia per la sopravvivenza.

È arrivato il momento di abbandonare le chiacchere e di cominciare a pensare a un nuovo sistema di sviluppo equo e compatibile. Il modello tradizionale capitalistico, basato sul selvaggio sfruttamento delle risorse, è insostenibile e ha prodotto un disastro ambientale di proporzioni planetarie.

Non dobbiamo inoltre disperdere la memoria. Sì, la memoria di coloro che dedicarono, come Alfredo e Angelo Castiglioni, le loro passioni, le loro energie fisiche e intellettuali a esplorare, conoscere e divulgare il grande patrimonio che l’Amazzonia ha espresso nel corso dei secoli.

(foto di Sebastiao Salgado esposta nella mostra Amazonia, MAXI, Roma, 1° ott 2021 – 13 feb 2022)

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore