Oliena (nona puntata)

Se vuoi sentire il profumo della libertà, visitare territori selvaggi, siti archeologici straordinari, esplorare mitiche grotte, in una parola affrontare l’avventura devi venire a Oliena. Questa cittadina è custode del suo tempo presente e passato, e mantiene le salde radici della sua cultura viva.

Appena entrato nel paese noto le belle fotografie di Marianne Sin-Pfalzer, una fotografa tedesca che nel 1950 si trasferì in Sardegna. Al pari di ciò che fece Edith Durham nell’Albania selvaggia dei primi del Novecento, studiando i montanari della selvaggia valle di Theth che la consideravano la loro Regina, Marianne  con una piccola fotocamera Agfa Isolette, regalatale dalla madre, scattò le sue prime foto tra le quali alcuni ritratti di Clelia Garibaldi, figlia dell’Eroe dei Due Mondi, entrando nelle spirito e nell’anima della Sardegna.

Tra le foto di Marienne esposte lungo le strade di Oliena spicca quella del brigante Corbeddu. Giulio Bechi, un ufficiale del Regio esercito incaricato della lotta contro il brigantaggio, nel suo “Caccia grossa” (1900), ricorda la figura mitica di questo fuorilegge, parlando di una “[…] fiera figura di bandito dalla barba bianca e folta, steso tra i rovi e i macigni su uno sfondo di selva”. Lo definisce “il Re della macchia” e sottolinea che la sua fosse “la sola figura rimasta fino a ieri simpatica nella folla degli altri delinquenti volgari, per non so quale senso orgoglioso di cavalleria medioevale”.

Quella dei briganti in realtà non era una società di fuorilegge. Aveva al contrario un suo preciso codice, per molti aspetti simile al Kanun, il codice consuetudinario sorto tra le aspre montagne albanesi che ha ispirato il romanzo storico “Aprile spezzato” del grande romanziere Ismail Kadare. E come nel Kanun, nel codice barbaricino l’ospite è da sempre sacro.

Oliena diede i natali anche al santo Giovanni Antonio Solinas. Nato il 15 febbraio 1643 ad Oliena, allora sotto la dominazione spagnola, il giovane Giovanni Antonio entrò nella Compagnia di Gesù il 12 giugno 1663 e fece il noviziato a Cagliari. Dopo anni di formazione spirituale e accademica, partì per la Spagna con altri tre gesuiti sardi e nel 1673 fu ordinato sacerdote a Siviglia. Nello stesso anno partì per il Nuovo Mondo con i confratelli. Nel 1674, dopo mesi di navigazione, raggiunsero l’Argentina, che all’epoca faceva parte parte del grande impero coloniale spagnolo.

Nel 1683 vi fu organizzata una spedizione missionaria: padre Solinas con due confratelli e altre settanta persone tra cui molti indigeni convertiti, accompagnò il sacerdote diocesano Pedro Ortiz de Zàrate, originario di Jujuy, per una missione di contatto e di pace con le popolazioni locali. Nonostante i primi approcci fossero stati incoraggianti, il 26 ottobre 1683 alcune centinaia di guerrieri indigeni Tobas e Mocovis, aizzati dai loro stregoni, si presentarono al campo armati e con i corpi minacciosamente decorati ma, dicendo di essere venuti in pace, accettarono i doni dei missionari. Il giorno seguente, dopo la celebrazione della messa, mentre al campo si trovavano i padri Solinas e Ortiz con diciotto laici furono circondati, attaccati e massacrati dagli indigeni.

Arrivo davanti alla facciata in stile aragonese della Chiesa di Nostra Signora d’Itria. Non vi si può accedere, ma notando la mia curiosità tre donne si rendono disponibili a farmela visitare. Questa chiesa risale probabilmente al XVI secolo, periodo in cui doveva essere dedicata a San Bernardino. La particolarità di questa chiesa è data dal fatto che sul fondo sono presenti due vani, coperti da una volta a botte e ai quali si accede tramite due archi, decorati da elementi floreali stilizzati e separati tra loro da un pilastro. Nel vano di sinistra è presente l’altare, su cui è posta la statua della Madonna, vestita di abiti di broccato, che viene portata in processione il giorno di Pasqua.

Poco distante c’è un altro luogo mitico di Oliena, la ‘famigerata’ vineria emporio “Sa Betola”, un vero e proprio ricovero di anime erranti, di viandanti, di nostalgici del gusto e procacciatori di autenticità. Fa molto caldo per bere vino e mangiare il maialino allo spiedo, e mi dirigo verso il fiume Cedrino, che ha ispirato Grazia Deledda per il suo romanzo “Canne al vento“, dove mi attendono le mitiche sorgenti di Su Gologone

(Nell’immagine: foto storica di Marianne Sin-Pfalzer della Chiessa di Nostra Signora d’Itria)

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore