Tinnura (ottava puntata)

Tinnura è un grazioso paesino dell’Oristanese famoso per i suoi murales, per la sua generosa fontana di acqua freschissima e i suoi graziosi vialetti ingentiliti dalla lantana. Seduto in una piazza solare, mi godo l’ombra e il profumo degli alberi di magnolia immerso nella memoria di questa civiltà contadina.

E’ un pezzo di Sardegna segreta che si rivela. Per la storia della civiltà sarda in fondo resterà sempre un muro bianco per raccontare le sue memorie. Questa nobile forma d’arte si sta allargando con il passare del tempo, e sembra quasi che non possedere un murale sia diventato quasi una vergogna per i paesi che ne sono privi! Dietro la domanda di murales in fondo c’è la scoperta di uno straordinario strumento di autodeterminazione espressiva. Il muro permette di comunicare dal basso, con tutti, con la gente comune che cammina per strada. E’ come rivendicare il ruolo essenziale della cultura popolare contro tutte le culture elitarie, chiuse nei loro circoli esclusivi.

I murales sono l’inizio di un percorso, non la fine. in direzione di un progresso di autocoscienza. Oltre la visione folklorica. I murales non devono essere quadri tradizionali appesi alle pareti di un salotto. E non possono neanche diventare uno strumento della propaganda dei separatisti, dei regionalisti. L’arte ha come principale scopo di educare la gente, altrimenti non serve.

In questo paesino di 250 abitanti, malgrado lo spopolamento e l’invecchiamento della popolazione, c’è uno stretto legame che unisce il suo territorio alla sua arte artigiana: nel borgo resta intensa la tradizione di intrecciare cestini. Il suo nome deriverebbe proprio dalle “tinnias”, i giunchi di fiume.

Terra generosa di uliveti e frutteti, quella di Tinnura, ma soprattutto terra di vigneti: il borgo infatti rientra nella zona di produzione della Malvasia di Bosa. Entro nel bar della principale piazza e vedo tre anziani che discutono animatamente in sardo. Chiedo educatamente dove posso comprare della Malvasia autentica. Spiego loro che molti anni fa mi recai in un paese del Mandrolisai chiamato Ortueri, dove fui accolto con un’ospitalità che non vidi più in vita mia. Ricordo ancora oggi quelle sughere centenarie, gli abbeveratoi nuragici persi nella campagna, i rifugi dei pastori, il cibo buono e il vino generoso.

Fui ospite di Sebastiano, un pastore che andava avanti e indietro sulla sua amata asina chiamata Gilda, fumando il sigaro dalla parte accesa e bevendo in pratica solo vino. Con la moglie anziana, ogni sera, leggevo le poesie in sardo di Peppino Mereu e Francesco Masala. Il giorno dell’Assunta mi fecero partecipare alla cerimonia della vestizione della Madonna, un’antica bambola lignea che venne portata in processione. Ecco la Sardegna del mio cuore e che mai mi abbandonerà.

Alla fine, il titolare del bar mi allunga una bottiglia di Malvasia. Saluto i tre anziani che riprendono le loro infinite conversazioni. Lascio Tinnura per dirigermi verso le montagne dell’interno, che custodiscono i segreti di questo popolo. Mi attende Oliena, famosa per il vino Nepente, la bevanda miracolosa degli antichi greci, per la valle del Lanaittu, le sue grotte ancestrali e i suoi villaggi nuragici

(nell’immagine: murale di Tinnura, foto dell’autore)

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore