Mogadiscio. The past for the future

Nel mese di ottobre 2020 l’Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo ha pubblicato il catalogo della mostra su Mogadiscio e la sua evoluzione storico-urbanistica che si è tenuta nel dicembre del 2018. Un gruppo di studiosi impegnati nel settore della conservazione del patrimonio culturale, nel gennaio del 2017 avviò il progetto di una mostra fotografica sullo sviluppo urbano della capitale somala, concordandone i contenuti con alcuni intellettuali somali, primi tra tutti Khalid Mao Abdulkadir e Nuredin Hagi Scikei.

Il criterio espositivo prescelto fu quello della “passeggiata virtuale” lungo le strade della città, seguendo le suggestive indicazioni espresse dalle guide turistiche italiane degli anni Venti e Trenta. Il catalogo è un vero e proprio tuffo nel passato e nella meraviglia di questa terra, la Somalia, devastata da anni di conflitti, dal terrorismo e dalla frammentazione, ma che conserva tuttora suggestioni e bellezze diffuse che vanno valorizzate e riscoperte. 

Anticamente, col termine Benadir (plurale arabo di Bandar, dall’originario sostantivo persiano che significa “i porti”) si identificava tutta la costa somala, dal Golfo di Aden fino alla foce del Giuba. Fin dal Medioevo, in essa operarono stazioni commerciali della navigazione araba sulla linea dal Golfo Persico a Zanzibar. Ad un’originaria federazione tribale succedette nella prima metà del XIII secolo un sultanato, mentre nel XVII secolo la costa del Benadir fu colonizzata dagli Omaniti, che nel XIX secolo si divisero nei sultanati di Muscat e Zanzibar. In epoca coloniale il Benadir definì invece la fascia costiera della Somalia meridionale in cui si trovavano i cinque porti (Pentapoli somala) di Brava, Merca, Mogadiscio, Uarsceikh e Mutri, prima “affittati” e poi acquisiti dall’Italia per fondarvi la seconda colonia africana dopo l’Eritrea.

La Bahr al-Banadir (la costa dei porti) si presentava uniforme e sabbiosa, ma tuttavia orlata da una scogliera sottomarina che rendeva molto difficili e insidiosi gli approdi, specie da maggio a settembre; periodo durante il quale soffia il monsone meridionale dell’Oceano Indiano. Allo sfruttamento del Benadir, alla colonizzazione agraria della Somalia e al Villaggio del “Principe contadino” (il mitico Duca degli Abruzzi) sullo Uebi Scebeli ho dedicato due dei miei volumi storici (“Manfredo Camperio. Storia di un visionario in Africa”, Besa editrice, Nardò, 2019, e “Patria, colonie e affari”, Luglio editore, Trieste 2020). Ma non è dell’espansionismo coloniale italiano che oggi vi voglio parlare, bensì della città di Mogadiscio.

Di tutte le capitali delle colonie italiane si può dire che solo Asmara ce l’ha fatta, soprattutto grazie alla tenacia e alla lungimiranza degli Eritre, che ne hanno preservato il suo tessuto urbano. Le altre capitali dell’Africa Orientale Italiana, Addis Abeba e Mogadiscio in particolare, sono state la prima aggredita dall’espansionismo urbanistico incontrollato e la seconda devastata dall’incuria e dalla trentennale guerra civile somala. Come ha scritto Teobaldo Filesi, “…Mogadiscio non esiste più o esiste come violazione di civiltà e come cancellazione della dignità umana” (Africa, giugno 1996).

Anche la Somalia, come l’Eritrea, tenta di uscire dalla crisi e avrà presto bisogno di tutelare ciò che rimane del suo passato e della sua identità. E Mogadiscio dovrà lasciarsi alle spalle una lunga storia di “damnatio memoriae” e ripartire. Qui operò tra gli Anni Venti e Quaranta l’architetto Carlo Enrico Rava, che realizzò nel 1934 l’albergo Croce del Sud e l’Arco di Trionfo valorizzando i caratteri costruttivi dell’architettura tradizionale banaadiri e declinandoli in chiave razionalista. Oggi l’albergo Croce del Sud, gravemente danneggiato dagli eventi bellici, è stato parzialmente inglobato in un centro commerciale. Tutto il quartiere di Shingaani (Cingani) è ormai ridotto a un cumulo di macerie dopo vent’anni di guerre tribali e a causa della totale mancanza di norme che tutelino il patrimonio. Hamarwweyne (Amaruini) è rimasto miracolosamente quasi intatto, anche se soffre di grandi problemi infrastrutturali. Molti speculatori vorrebbero impadronirsi di ciò che resta di Shingaani, le cui rovine oggi restano orrendamente desolate a pochi metri dalla battigia, masticate dal sole e dilavate dal vento, abitate solo da profughi disperati. La stessa Cattedrale cattolica di Mogadiscio, la più grande chiesa di tutta l’Africa, dove il 9 luglio 1989 fu trucidato monsignor Salvatore Colombo, è ormai ridotta ad un ammasso di rovine, e il Museo nazionale somalo è stato saccheggiato e depredato.

Ma questo nuovo catalogo è come una ventata di aria fresca, e ridà fiato alle speranze per vedere la rinasciata della capitale somala. Nonostante di”[…] questa grande città fortificata, con case di quattro o cinque piani, con grandi palazzi e molte moschee dai minareti cilindrici”, come la descrisse Vasco da Gama nel 1499, siano rimaste solo labili tracce, il tour virtuale della mostra consiglia quattro itinerari che ci riportano agli splendori di una città cosmopolita. Il primo attraversa il citato quartiere di Cingani e Amaruini ricchi di monumenti importanti; il secondo propone la visita delle moschee più famose in funzione della descrizione degli antichi viaggiatori e geografi, tra cui Ibn Battuta, che sin dal Trecento sono approdati sulle coste del Benadir; il terzo illustra gli spazi urbani in cui si sono concentrate le opere dell’architettura coloniale italiana; e infine il quarto si avvale delle immagini di ponti, strade e acquedotti per offrire un panorama completo delle infrastrutture urbane ed extra urbane di Mogadiscio.

Il nostro sogno è quello di poter restituire ai giovani somali, e il 75 per cento dei somali ha meno di 35 anni, le bellezze di una città che non hanno mai conosciuto, impedendo che la speculazione edilizia possano completare l’opera distruttiva della guerra, dilapidando per sempre un patrimonio dal valore universale che merita di essere preservato. Dopo le mille colpe della colonizzazione italiana in Somalia, chiuse con l’AFIS nel 1960 e che hanno portato alla barbara uccisione di Ilaria Alpi, è arrivato il momento di scrivere nuove pagine della Cooperazione italiana in Somalia. Mogadiscio, come tutte le città del Benadir, è stata in passato una città fortemente cosmopolita, all’interno della quale le differenze hanno sempre convissuto pacificamente, partecipando ad un armonico sviluppo urbano. Oggi più che mai occorre intervenire per tutelare Mogadiscio dall’ingerenza dei clan, delle scorrerie criminali di al-Shaabab e dal neo-colonialismo turco e qatarino. E come per Asmara, sarà la bellezza a segnare la rinascita di tutta la Somalia

Khalid Mao Abdulkadir, Gabriella Restaino, Maria Spima, “Mogadiscio e la sua evoluzione storico urbanistica: pagine di storia della città”. Catalogo della mostra tenutasi a Mogadiscio nel dicembre 2018. Gangemi editore, ottobre 2020

Nella foto, vecchia immagine di Mogadiscio dall’alto

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore