in fondo a queste mute vie.
Ci attendono periferie
cumuli di macerie e l’inquieto fermento
di masse informi che prosperano nel cemento
decise a farsi corrompere
da nuove mode, da nuovi feticci.
La tua umile Italia contadina è un’illusione
le discariche avvelenano campagne.
Ecomostri, e plateali rassegne
televisive placano l’immane desiderio
di partecipare alla festa.
Il vuoto della memoria
ha passeggiate lungo litorali
intasati dalle plastiche.
Muta anche il senso delle parole.
Meglio le solitudini monastiche
il silenzio delle rovine
e la dolcezza che riserva il confine
della nostra storia, dei tuoi giorni
di poeta corsaro. Profezie clandestine
nascondono ancora le tue rime
la tua passione civile mi allontana
da questo tempo infinito senza religione
che non possiede nemmeno la coscienza della sua miseria
e che tutto spende, tutto esaurisce, mescolando
rabbia e illusione. Ci attendono ancora prospettive
di rotti argini, fiumare, frane
e pianure alluvionate, distruzione muta
di paesaggi. Ecco cosa rimane
oltre le tue dolci serate romane
oltre le misere mete
di giorni violentati nella quiete
apparente, che mescola l’ebbrezza al fetore
di cieli dilavati. Ogni giorno muore
chi non è mai nato
e ricomincia il tempo dove è ormai finito
proprio dalle tue amate periferie
con i suoi anonimi casamenti
che coprono perduti orizzonti
e dove trovo nell’amore per il mondo
la nuova luce…
Alessandro Pellegatta