La prima statua di donna a Milano

Nei giorni scorsi a Milano è stata inaugurata una statua di donna, di una gran dama che si trovò ad operare in giorni tempestosi, e che merita di essere ricordata tra le più eminenti figure del Risorgimento italiano (insieme ad un’altra donna, la varesina Lucia Prinetti Adamoli), per l’alto patriottismo, l’audacia e i coraggiosi atteggiamenti nel campo delle riforme sociali. In un paese dove il femminicidio rappresenta ancora una piaga sociale, la memoria svolge ancora una volta una funzione importante.

Cristina Belgioioso Trivulzio nacque a Milano il 28 giugno 1808. Rimasta orfana di padre, ad appena sedici anni andò in sposa al vanitoso principe Emilio Barbiano di Belgioioso d’Este, ma le loro personalità erano troppo diverse per potersi accordare, sicché ben presto l’unione coniugale si ruppe e la giovane principessa varcò le Alpi. Nel 1830 a Lugano (dove alloggiavano anche i fratelli Ciani, zii materni di Manfredo Camperio) la polizia austriaca la teneva sott’occhio, ponendo sotto sequestro i suoi beni. Cristina lasciò la Svizzera per recarsi a Genova, sempre seguita dagli agenti del governo austriaco, finché fuggì a Marsiglia. Quando Mazzini decise la spedizione in Savoia, Cristina versò per tale impresa un’ingente somma ricavata della vendita dei suoi gioielli. Il governo austriaco nel 1833 istruì un processo contro di lei, dichiarandola “indiziata di alto tradimento”; fuggendo a Parigi, Cristina dovette così guadagnarsi la vita dipingendo, ma in breve divenne il centro intorno a cui gravitavano gli esuli italiani.

Ben presto Cristina fondò il suo salotto parigino, a cui partecipavano le personalità più in vista dell’epoca, tra cui Victor Hugo, Chopin, Liszt, Bellini, Rossini, Tommaseo, Sirtori, Dumas padre e Pellegrino Rossi, e dove la cultura cosmopolita si intrecciava al patriottismo. Convinta del potere della stampa, fondò sempre a Parigi la Gazzetta italiana, che trasformò poi nell’Ausonio, giornale in cui si combatteva arditamente l’Austria e si cercava di dimostrare l’Italia degna della libertà.

Allo scoppiare della rivoluzione del 1848 la Belgioioso era a Napoli: noleggiò un piroscafo, assoldò un battaglione e partì per l’insorta Milano, ove entrò il 6 aprile a capo della sua colonna, stringendo in pugno una bandiera tricolore. Fu ricevuta con scarso entusiasmo dal Governo provvisorio ed ella se ne rammentò nei noti suoi articoli sulla Revue des Deux Mondes, dove parla con poca imparzialità dei disastri militari del 1848. Per raggiungere l’obbiettivo della fusione della Lombardia col Piemonte, la principessa aveva fondato in Milano due giornali battaglieri: Il crociato e La croce di Savoia.

Infrante le concepite speranze, l’anno susseguente fu a Roma, ove, durante la difesa della Repubblica, ebbe la direzione degli ospedali militari. Caduta la Repubblica romana, Cristina decise di recarsi in Oriente e in Asia Minore, a imitazione di lady Morgan, acquistando un latifondo allo scopo di sfruttarlo; le avventure romanzesche di quel soggiorno vennero da lei raccolte nel volume Asie Mineure et Syrie, pubblicato a Parigi nel 1858.

Fallita anche quest’impresa, nel 1853 tornò in Francia e tre anni dopo, liberati dal sequestro i suoi beni, tornò in patria col desiderio di un po’ di quiete dopo una vita così turbinosa. Si stabilì a Locate, nel vecchio podere di casa sua, fra i contadini, ch’ella aveva difesi nell’Ausonio, raccomandando ai proprietarî di terre d’imporre ai fittabili nei contratti clausole di carattere sociale a favore dei coloni, come più tardi, nel 1869, nell’opuscolo Gli affittaiuoli della Bassa Lombardia, edito a Milano, accusava coraggiosamente i fittabili di sfruttare i lavoratori della terra.

Nel primo numero del 1866 della Nuova Antologia si fregiò di un suo notevole lavoro dal titolo Della presente condizione delle donne e del loro avvenire. La nevrosi, che lungamente l’afflisse, e che Paolo Maspero, il medico traduttore d’Omero, cercò invano di debellare, indebolirono il fisico di Cristina, che mancò a Milano il 15 luglio 1871.

Il retro della nuova statua milanese recita una frase di Cristina:

“[…] Vogliamo le donne felici dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori e alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non prima goduta, forse appena sognata, felicità”.

Questa statua, in fondo, è dedicata a tutte le donne del mondo, che hanno combattuto e combattono per il riconoscimento dei propri diritti, senza mai rinunciare alla loro bellezza e femminilità. Cristina avrebbe sicuramente ben figurato nel Rinascimento, e che per il suo coraggio merita di essere ricordata tra le figure più illustri del nostro Risorgimento.

L’inaugurazione della statua è stata accompagnata dalla pubblicazione di un bellissimo libro intitolato Donne avventurose che hanno fatto grande Milano, che racconta le storie di 28 donne eccezionali che hanno contribuito a costruire la storia milanese. Il libro, patrocinato dal Comune di Milano, nasce da un progetto di Diana De Marchi con Patrizia Zelioli. Grazie al sostegno di alcuni sponsor, è stato stampato gratuitamente per tutte le scuole primarie della città.

Oggi, guardando questa statua, il mio pensiero va anche alle donne eritree che, nel Fenkil, liberarono Massaua dall’occupazione etiopica, e alle donne afghane che con coraggio e determinazione lottano per difendere i loro diritti davanti all’oscurantismo talebano. Alle donne indiane che resistono alle ondate di violenza nelle grandi concentrazioni urbane, e a tutte le donne del Terzo e Quarto Mondo che svolgono i lavori più umili e faticosi, senza poter accedere all’istruzione e che restano soffocate dal pregiudizio di genere.

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore