Amazzonia. Esploratori italiani ai confini del mondo

Amici, il mio libro sull’Amazzonia è stato pubblicato dalla casa editrice Porto Seguro (nell’immagine vedete la copertina).

Come sapete, da anni mi impegno per tutelare la memoria dell’esplorazione italiana nel mondo. Non per fare apologetica dei nostri esploratori-eroi, ma per riscoprire lo spirito che spinse i migliori esploratori italiani in giro per il mondo per amore di scienza e conoscenza. A breve uscirà anche un mio nuovo saggio sull’esplorazione italiana nel Sud Est asiatico.

Una cosa che dovremmo fare, tra le tante, è proprio non disperdere la memoria. Sì, la memoria di coloro che dedicarono, come Alfredo e Angelo Castiglioni, le loro passioni, le loro energie fisiche e intellettuali a esplorare, conoscere e divulgare il grande patrimonio che l’Amazzonia ha espresso nel corso dei secoli. Anche l’Italia ha avuto i suoi esploratori in quest’area, e dovremmo innanzi tutto far riemergere dall’oblio questo nostro passato esplorativo, che ha ancora molto da insegnarci.

La figura più straordinaria tra gli Italiani che hanno avuto a che fare con l’Amazzonia è sicuramente quella di Ermanno Stradelli, anche se in Italia resta ancora quasi sconosciuta. Contrasse la lebbra e finì i suoi giorni, dimenticato da tutti, in un lebbrosario vicino a Manaus nel marzo del 1926.

Prima di lui, si addentrò nelle foreste equadoregne del Napo il milanese Gaetano Osculati, mentre l’Amazzonia peruviana fu esplorata da Antonio Raimondi, altro personaggio che è tuttora più conosciuto in Perù che in Italia. Anche l’esploratore africano Augusto Franzoj, che aveva già attraversato tutta l’Abissinia armato solo di una scimitarra per compiere la folle impresa di recuperare le spoglie mortali di Chiarini, morto avvelenato nelle prigioni della perfida regina del Ghera, si avventurò nella foresta amazzonica brasiliana alla ricerca di terre da colonizzare, ma fu fermato dalla febbre gialla. Alfonso Vinci entrerà negli anni Cinquanta del Novecento a contatto coi bellicosi indios Samatari, mentre da ultimo i citati fratelli Castiglioni effettuarono nel 1974 una spedizione nel territorio venezuelano dell’Alto Orinoco.

Quello che è particolarmente prezioso di Stradelli, come ha scritto lo storico brasiliano Luís da Câmara Cascudo, che nel 1936 (a dieci anni dalla sua morte) dedicò all’esploratore italiano una biografia, è proprio la sua attenzione ai particolari, agli oggetti della cultura materiale, alle lingue e ai miti dei popoli dell’Amazzonia. A differenza di altri personaggi, Stradelli non ha (come a esempio Osculati e Franzoj) quell’aura di esploratore avventuroso e un po’ folle, ma al contrario la sua attenzione e il suo studio meticoloso avvicinano sempre la sensibilità del lettore all’esperienza reale.

Stradelli è stato esploratore, geografo, linguista ed etnologo e ha contribuito in modo straordinario alla conoscenza e alla divulgazione di svariati aspetti delle culture indigene dell’Amazzonia. Ciò che più attrasse Stradelli e lo appassionò fu soprattutto lo spazio mitologico, uno spazio che, oggi come allora, sospende il tempo della storia, e ci riporta alle origini e alla vera natura umana. Rappresentando la bellezza dei miti amazzonici, Stradelli seppe scardinare le concezioni religiose dei primi missionari, che vedevano il diavolo ovunque, e soprattutto seppe superare i pregiudizi e gli schemi mentali della cultura coloniale dell’epoca e infrangere il dogma della pretesa inferiorità culturale degli indigeni. La sua Leggenda di Yuruparí rappresenta un documento di eccezionale importanza, con cui illustra la cosmogonia indigena amazzonica.

Ritroveremo lo spirito di Stradelli nei fratelli Castiglioni, che furono ospiti per qualche mese nel 1974 presso un gruppo Yanoama (i Mahekototeri o Maekodo-theri), già descritti da Zerriese o Scuster) stanziati nelle vicinanze di El Platanal nell’Alto Orinoco, in Venezuela. Con la loro spedizione, da cui fu tratto un bellissimo documentario e un libro (Ultime oasi nella foresta, 1989), i mitici fratelli varesini vollero testimoniare l’importanza della tutela delle minoranze etniche. Anche la più piccola e sperduta comunità ha infatti il diritto di continuare a vivere nel suo ambiente e di apportare il suo apporto culturale alla civiltà globale del nostro pianeta, le cui sorti complessive non possono che dipendere dal rispetto di queste prerogative. Il mio sogno è che presso il Museo Castiglioni di Varese possa essere presto essere allestita una mostra che riporti all’attenzione di tutti il profondo significato e le meraviglie della loro spedizione amazzonica

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore