Il fascino dei luoghi fa di ogni città un luogo di infinite narrazioni, dove geografia concreta e simbolica si intrecciano, in corpi viventi che si fanno luoghi di vita e allo stesso tempo luoghi dell’anima. Perdersi in questi spazi urbani, presenti e passati, diventa così un’esperienza non solo concreta ma immaginaria. E quello che forse commuove di più di questo libro di Paolo Bologna è il suo vagare innocente, perduto, alla ricerca delle presenze antiche e perdute di queste città europee, questa fuga nostalgica dagli enormi agglomerati disumanizzanti che, ahimè, sono diventate le città europee, che assomigliano sempre più a labirinti senza vie di fuga, perse nelle loro desolate periferie del disagio e della discriminazione, senza più un centro e un luogo dove poter volare. E questo assomiglia molto a quello che Angelo Maria Ripellino fece descrivendo la sua Praga magica.
Geografia e miti richiamano così alla persistente unità dell’Europa, che ci guarda dalle lontananze dei suoi precursori e reclama di essere finalmente riconosciuta.