Il 25 aprile 2023 a Fossoli

C’è un sottile filo rosso che lega indissolubilmente la Resistenza e i campi di concentramento. Per questa ragione oggi mi sono recato a Fossoli, nei pressi di Carpi (Modena).

Questo campo nacque nel maggio del 1942 per i prigionieri angloamericani. Dopo l’8 settembre 1943, la Repubblica Sociale Italiana (RSI) ne mutò radicalmente la natura: dal 3 dicembre successivo Fossoli divenne un campo speciale, dove venivano internati ebrei italiani e stranieri arrestati in tutta Italia.

Nel gennaio del 1944 le SS, in stretta collaborazione con le autorità della RSI, iniziarono le deportazioni degli ebrei di Fossoli, mentre nel marzo successivo occuparono ufficialmente il campo, trasformandolo in un campo di polizia e di transito dove concentravano anche oppositori politici destinati alla deportazione.

Gli ebrei che transitarono qui, quasi tremila, vennero deportati nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, tra cui rientrò anche Primo Levi. Si stima che siano transitati anche 2.700 oppositori politici. Il 12 luglio 1944, 67 di loro furono uccisi per ordine della Gestapo nel vicino poligono di tiro di Cibeno.

Ai politici furono destinate sette baracche. Furono internate persone appartenenti a tutte le classi sociali. Oppositori al regime, membri della resistenza, operai che avevano partecipato a scioperi di protesta, militi del regio esercito, civili che avevano aiutato i perseguitati dal regime e anche sacerdoti si dettero un’organizzazione interna. Da qui proseguirono la loro lotta, rafforzando i contatti clandestini con l’esterno.

All’alba del 12 luglio 1944, 69 condannati internati (nella notte uno di loro venne tolto dall’elenco, mentre un altro riuscì a nascondersi nel campo) vennero fucilati da un plotone di esecuzione nel poligono di tiro di Cibeno, quale rappresaglia ad un attentato contro soldati tedeschi a Genova. Gli appartenenti al primo gruppo vennero fatti inginocchiare sull’orlo di una fossa scavata il giorno prima da internati ebrei e, dopo essere stati uccisi con un colpo alla nuca, vennero sepolti frettolosamente. Nel secondo gruppo, qualcuno tentò di ribellarsi. Due condannati riusciranno a fuggire mentre gli altri furono falcidiati dai mitra. I condannati del terzo gruppo arrivarono con le mani legate e immediatamente fucilati. 67 furono i condannati giustiziati.

Tra i martiri di Fossoli c’era anche Giovanni Bertoni, la figura più conosciuta, purtroppo, a causa del racconto romanzato di Indro Montanelli ‘Il generale Della Rovere’ e del film di Roberto Rossellini, tratto da quelle pagine. Le pagine di Montanelli hanno concorso a falsare la percezione della strage di Cibeno: una spia, Bertoni appunto, ex-malvivente arruolato nei panni di un ufficiale monarchico si sarebbe redenta morendo da eroe, attirando su di sé l’attenzione, a dispetto di altre vittime che furono trucidate rimanendo fino alla fine coerenti e ferme sui propri principi morali. La storia-vera di Bertoni verrà ricordata da Mimmo Franzinelli nel suo ‘Le stragi nascoste’.

Tra le tante figure di patrioti che si sacrificarono per un’Italia migliore ne voglio ricordare alcune poco conosciute. Ad esempio, quella di Ferdinando Brenna (a Milano, in Via Petrarca 16, si scorge oggi la sua targa ricordo), un ragazzo vicino al Partito d’Azione, che occupava a Fossoli la baracca 18, quella degli “intellettuali”, tra cui (al di là delle diverse visioni politiche) era sorta una sincera e spontanea fratellanza. Oltre alle discussioni impegnate, ci furono anche momenti di svago. Brenna fu uno dei principali organizzatori del servizio di raccolta e smistamento della posta clandestina.

Altra figura fu quella di Brenno Cavallari (sempre a Milano, in via Aselli, è affissa una lapide in suo ricordo). Ex sottotenente di fanteria, fu nominato direttore delle Cooperative socialiste di consumo di Magenta. La sua fine fu ricordata dall’organo del Partito d’Azione. Emanuele Giovannelli aveva invece solo 18 anni, e di lui non sappiamo ancora quasi niente. Forse era uno dei tanti ragazzi saliti in montagna per evitare la leva obbligatoria della RSI. 

E infine Jerzi Sas Kulczycki, medaglia d’oro militare alla memoria, un eroe sconosciuto la cui storia venne narrata in un articolo del 1959 di Renzo Baccino che smontò il citato mito del (finto) generale Della Rovere. Capitano di fregata della Regia marina militare, romano di nascita ma di origini russe, Kulczycki l’8 settembre 1943 era sulla corazzata Cavour. A lui fu affidato segretamente l’incarico di organizzare forme di resistenza armata a tedeschi e fascisti. Il racconto delle sue attività clandestine è contenuto nel libro di Antonio Colognese ‘Venti mesi di lotta partigiana’. Per ironia della sorte, venne incarcerato dapprima a San Vittore e poi a Fossoli insieme a Bertoni, probabilmente senza mai che l’uno sapesse dell’altro.

Oltre agli ebrei, a Fossoli c’era l’Italia migliore, quella della Resistenza. Antifascisti, uomini semplici, partigiani, fedeli al Re, soldati, ufficiali. L’ultimo corpo riesumato dalla fossa comune fu quello di Andrea Achille. Di lui conosciamo solo la sua foto sul cippo del Cimitero Maggiore di Milano. Era un tipografo di 32 anni.

Oggi più che mai c’è davvero il bisogno di progettare la memoria. Allego il manifesto della mostra che verrà inaugurata proprio oggi, per ricordare lo studio milanese BBPR, che nel 1946 realizzò il Monumento al deportato nel Cimitero monumentale di Milano e nel 1967 il memoriale di Mauthausen-Gusen che sorge sul luogo del crematorio.

Perché la memoria di Fossoli non può andare perduta

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore