Déserts de la terre

I deserti mi hanno sempre affascinato. Evocano la purezza e la sacralità della vita. Nella loro immensità riscopriamo la nostra fragilità. Solo davanti ad essi sappiano riconoscere che siamo solo un granello di sabbia. Théodore Monod (1902-200), il grande specialista francese del deserto, diceva che il moto del deserto resta ambiguo, inafferrabile, come l’ondulazione mutevole delle sabbie.

Anni fa ho avuto la fortuna di vagare nei deserti d’Arabia. Nello Yemen, su un fuoristrada guidato da beduini, sono partito da Marib, la mitica città della Regina di Saba, per arrivare nella valle dell’Hadramaout, attraversando la propaggine meridionale del Rub’ Al-Khali, il deserto sabbioso più vasto e impenetrabile del mondo. Rimasi affascinato dalle capacità dei beduini di orientarsi in quel vasto Nulla. In Oman, nel deserto di Al-Wahiba, ho trascorso il Capodanno più bello della mia vita in un campo tendato, sotto un cielo stellato che non ho mai più rivisto, facendo festa e danzando con i beduini locali. Che persone straordinarie! Sincere, oneste, altruiste. Nel deserto siamo tutti fratelli, non c’è il “mio” e il “tuo”. E si viaggia sempre leggeri.

Nel deserto iraniano del Lut ho visitato la mitica città di Bam. Pur essendo stata oltraggiata dal terremoto, evoca ancora le antiche vie carovaniere e rappresenta la più grande città al mondo costruita in terra cruda. In essa vennero girate le riprese del film ispirato al “Deserto dei Tartari” di Dino Buzzati. Proseguendo verso Est, ho vagato nei deserti d’alta quota del Pamir, il tetto del Mondo descritto da Marco Polo, e nel deserto indiano del Thar ho visitato la leggendaria città di Jaisalmer e il mercato di Pushkar.

In Asia centrale mi sono recato a Kashgar, la città carovaniera posta nello Xinjiang cinese, famosa per il suo mercato degli animali dove si mescolano da secoli kirghisi, tagichi, afghani, uiguri, e che oggi cerca di resistere alla cinesizzazione forzata. Il Ladhak e il Tibet, con le loro estensioni desertiche d’alta quota, mi hanno insegnato la sacralità e il rispetto per la vita. In queste desolate lande ci sono ancora migliaia di pellegrini che ogni anno si prostrano durante le loro peregrinazioni verso il Kailash, la Montagna sacra, l’Ombelico del mondo della tradizione buddhista, dove ogni anno si tiene da secoli la festa del Saga Dawa. La circo ambulazione del Kailash è lunga 52 km e si tiene sempre oltre i 5mila metri.

In Perù ho attraversato il deserto di Paracas, un deserto particolarmente severo che preserva antiche vestigia archeologiche, e a bordo di un piccolo aereo ho volato sulle straordinarie linee di Nazca, a cui dedicò una vita di ricerche Maria Reiche. In Algeria ho attraversato il Sahara arrivando nella valle dello Mzab, che raccoglie Ghardaia e le città degli Ibaditi, che ancora oggi sopravvivono in un ambiente ostile grazie alle tecniche idrauliche e ai pozzi artesiani che raccolgono l’acqua. E non c’è giorno che non sogni di recarmi tra le gole d’Archi, nel massiccio dell’Ennedi, in Tchad, dove in pieno Sahara sopravvivono gli ultimi alligatori, o nei deserti dei Danakil, a contemplare le eruzioni dell’Erta Ale e a rivedere le località a cui l’esplorazione italiana dedicò viaggi straordinari, spesso finiti in tragedia.

In questa era di cambiamenti climatici accelerati, abbiamo bisogno di imparare la lezione dei deserti, di ascoltare i loro insegnamenti, e di penetrare nella cultura di tutti i popoli che da secoli hanno saputo vivere nelle regioni più ostili. Quello che mi commuove di più sono i vegetali, le piante grasse che in condizioni quasi impossibili sanno fiorire. Anche per un solo giorno. E gli uomini e le donne che all’esplorazione del deserto hanno dedicato la loro esistenza: Alexandra David-Néel, che nel 1923 attraversò il deserto dei Gobi per arrivare a Lhasa; Marco Polo; Ibn Battuta; Sven Hedin; i fratelli Castiglioni, profondi conoscitori del Deserto nubiano-sudanese e scopritori della mitica Berenice Pancrisia

(nella foto, deserto del Rub’ Al-Khali)

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore