Pane raffermo acido vino la polvere si mescola al fumo. Pesa il silenzio delle macine. Odo il canto divino dell'infisso cigolante della trave balbuziente. I mie pensieri sono tarli della coscienza, utensili abbandonati appesi come relitti del tempo alle pareti. Il cuore è un macinino da caffè che non gira la manovella si è rotta tempo fa e nessuno l'ha più riparata. La brace getta con rabbia il suo fumo denso nel camino e le nuvole passano come faville scure che si spengono piano, segnando l'ardesia del cielo. Troveremo forse un varco sull'orlo del precipizio prima del grande salto nel vuoto. Intorno ai barbagli della mente inseguiremo bave di luce percorreremo le strade dell'insonnia abbagliati da luci stranite. Prima che sopraggiunga il muto silenzio della neve saremo cani randagi, forestieri a noi stessi, gatti che scappano ai massacri sui cigli delle strade notturnecol volto abbagliato dalle auto. Quanto veleno dovremo ancora inghiottire quanto ancora dovremo sentire l'odore molle e cinereo della terra in cui sprofonda il piede? Godiamoci queste notti calde di scirocco questo ultimo quarto di luna queste foglie ancora animate dalla luce intermittente delle lucciole. Sembrava un paradiso questo mulino ma è diventato l'inferno delle nostre paure. Non stiamo più bene in alcun luogo volendo bene solo al niente. La vita è come questo fuoco di camino arso troppo male di legna troppo umida e leggera una vampa acre di buia luce che acceca e si spegne, negli angoli dell'abbandono. Prima di fiorire la camelia è stata mangiata dal cervo. L'ha trovata gustosa, e a forza di morsi ha lasciato soltanto rami secchi. La siepe di bosso fu spogliata in estate dalla piralide, il castagno dal cinipide. L'amareno ha un tronco tarlato dove nidificano le formiche. Questa sofferenza vegetale mi tiene compagnia, tra queste balze di poca terra e tanto sasso. Rimane poco tempo e tanta legna ancora da tagliare: si avvicina l'inverno. Resteranno verdi solo i tassi velenosi le piante spinose, gli agrifogli e andrò come un pazzo per sentieri ripidi e profondi tra i boschi di montagne abbandonate a raccogliere la pace di alpeggi dimenticati, il vento rovescio, a cercare un po' di pace inseguendo il volo della poiana e incrociando ricami di colori sbiaditi. Ad ascoltare l'eco del grano della valle che mai fu ed è già passato (nella foto: Mulino delle Campore - Valle dello Scoltenna (Mo)