Il mulino chiuso (poesia)


Pane raffermo
acido vino
la polvere si mescola al fumo.
Pesa il silenzio delle macine.
Odo il canto divino
dell'infisso cigolante
della trave balbuziente.
I mie pensieri sono tarli
della coscienza, utensili abbandonati
appesi come relitti del tempo
alle pareti. Il cuore è un macinino
da caffè che non gira
la manovella si è rotta tempo fa 
e nessuno l'ha più riparata.
La brace getta con rabbia
il suo fumo denso nel camino
e le nuvole passano come faville scure
che si spengono piano, segnando 
l'ardesia del cielo.

Troveremo forse un varco
sull'orlo del precipizio
prima del grande salto nel vuoto.
Intorno ai barbagli della mente
inseguiremo bave di luce
percorreremo le strade dell'insonnia 
abbagliati da luci stranite.
Prima che sopraggiunga
il muto silenzio della neve
saremo cani randagi, forestieri a noi stessi,
gatti che scappano ai massacri
sui cigli delle strade notturne
col volto abbagliato dalle auto.

Quanto veleno dovremo ancora inghiottire
quanto ancora dovremo sentire 
l'odore molle e cinereo della terra
in cui sprofonda il piede?
Godiamoci queste notti calde di scirocco
questo ultimo quarto di luna
queste foglie ancora animate 
dalla luce intermittente delle lucciole.
Sembrava un paradiso questo mulino
ma è diventato l'inferno delle nostre paure.

Non stiamo più bene in alcun luogo
volendo bene solo al niente.
La vita è come questo fuoco di camino
arso troppo male
di legna troppo umida e leggera
una vampa acre di buia luce che acceca
e si spegne, negli angoli dell'abbandono.

Prima di fiorire la camelia 
è stata mangiata dal cervo.
L'ha trovata gustosa, e a forza di morsi
ha lasciato soltanto rami secchi.
La siepe di bosso fu spogliata in estate
dalla piralide, il castagno dal cinipide.
L'amareno ha un tronco tarlato
dove nidificano le formiche.
Questa sofferenza vegetale
mi tiene compagnia, tra queste balze
di poca terra e tanto sasso.

Rimane poco tempo
e tanta legna ancora da tagliare:
si avvicina l'inverno.
Resteranno verdi solo i tassi velenosi
le piante spinose, gli agrifogli
e andrò come un pazzo per sentieri ripidi e profondi
tra i boschi di montagne abbandonate
a raccogliere la pace di alpeggi dimenticati,
il vento rovescio, a cercare un po' di pace
inseguendo il volo della poiana
e incrociando ricami di colori sbiaditi.
Ad ascoltare l'eco del grano della valle 
che mai fu ed è già passato

(nella foto: Mulino delle Campore - Valle dello Scoltenna (Mo)




Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore