Si sporge dalle rocce sull’abisso
il faggio solitario.
Le nuvole si addensano e scompaiono
il vento anima il fremito
delle sue foglie, tenere, che al primo buio
si acquietano, i rami protesi
nel vuoto a soppesare
un battito di ciglia
il volo degli uccelli di passo
mentre le ombre si allungano e scema
la febbre delle cime.
Si sporge dalle rocce sull’abisso
il faggio solitario.
Proteso sull’orlo estremo dell’attesa
è accarezzato dall’aurora
e vive di magnifici silenzi
al cospetto dei tronchi rovesciati sul crinale
dalla valanga, del temporale che solleva
il turbinare delle foglie oscure e che passa
come il picchio che batte alla corteccia.
Lontano per sempre dal principio e dalla fine
Alessandro Pellegatta