Trump. Disastri umanitari e vandalismi diplomatici

Mancano pochi giorni all’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca e il presidente USA “in uscita” (dopo aver istigato i suoi supporter all’invasione della Capital Hill) ha annunciato, nel giro di poche ore, che rimetterà Cuba nella lista dei paesi sponsor del terrorismo, rimuoverà le restrizioni auto imposte nei rapporti con Taiwan e inserirà i ribelli Houthi nella lista dei gruppi terroristici. A renderlo noto è stato il segretario di Stato Mike Pompeo procedendo a passo spedito con quello che in gergo militare si chiama “avvelenamento dei pozzi”.

Joe Biden, appena insediatosi alla casa Bianca, si troverà così con una serie di dossier scottanti tra le mani, che intralceranno l’avvio della sua presidenza. La decisione di bollare come terrorista il movimento Ansar Allah, riferimento politico e militare dei ribelli Houthi, creerà grandi problemi, che potrebbero compromettere irreparabilmente ogni chance di successo nel difficile negoziato di pace in corso in Yemen, oltre a rivelarsi fatale per il processo di distribuzione di aiuti e cibo nelle aree controllate dagli insorti. L’avvelenamento dei pozzi, d’altra parte, è una tecnica di guerriglia utilizzata per ostacolare il nemico e impedirgli di avanzare man mano che ci si ritira. Poco importa se ci sarà un numero imprecisato di “vittime collaterali”.

Quello che interessa ancora, a pochi giorni dalla scadenza del suo mandato, in modo compulsivo a Trump è continuare comunque nella sua opera di ostilità contro l’Iran (sponsor degli insorti yemeniti) e concedere un regalo di addio ai partner sauditi. E soprattutto continuare ad appoggiare la potente lobby legata alle armi e agli armamenti, che continua a sostenere i sauditi in questa sporca guerra (insieme ovviamente ad altri). A seguito della decisione del Dipartimento di Stato americano, nelle regioni del centro nord dello Yemen dove abita circa il 70% della popolazione, non si potrà infatti più importare dall’estero, né ricevere le rimesse in denaro della diaspora, spesso unico sostegno di molte famiglie, che riescono a cibarsi solo con le foglie degli alberi. Ma questo, evidentemente, a Trump non interessa granché. Forse il Presidente USA uscente non sa (o non gli interessa sapere) che la distribuzione degli aiuti e dei medicinali, che oggi riescono ad arrivare dopo aver superato il blocco aereo e navale saudita, viene effettuata sul territorio solo grazie al coordinamento con gli Houthi. La situazione dello Yemen, preda di un conflitto che ha già ucciso oltre 112mila persone e creato la peggiore crisi umanitaria del mondo, condannando alla morte e alla carestia migliaia di innocenti (tra cui i bambini, che oggi pesano meno di un gatto domestico) era già catastrofica prima del “vandalismo diplomatico” di Trump. La malnutrizione e le epidemie come il colera sono molto diffuse. L’arrivo del Covid-19, sommato ai tagli degli aiuti occidentali nel 2020, inoltre, hanno praticamente cancellato quel poco che restava del sistema sanitario yemenita. Tutti gli ospedali delle associazioni umanitarie presenti nel Nord dello Yemen sono stati a più riprese bombardati dall’aviazione saudita, unitamente alle scuole. Anche il grande patrimonio artistico, architettonico e archeologico dello Yemen, uno dei paesi di storia antica più importanti al mondo, rischia di scomparire per sempre.

Il paradosso è che, secondo gli esperti, le nuove sanzioni di Trump otterranno proprio l’effetto opposto, rafforzando ulteriormente la capacita di presa del movimento Houthi sulla popolazione civile e compromettendo ogni evoluzione nel processo di pace mediato dall’Onu. La stessa cosa in passato è successa nel Libano del Sud invaso da Israele, dove la repressione e l’occupazione israeliana non hanno fatto che rafforzare la presenza e il ruolo politico di Hezbollah. Non basteranno certo le azioni militari ad Israele per sradicare questo fenomeno. Più Israele colpirà il Sud del Libano, la striscia di Gaza e più reprimerà i palestinesi nei Territori occupati e più la fenomenologia dei martiri si ritorcerà contro Israele. Dopo sessant’anni di occupazione di territori non suoi, anche Israele (di cui gli USA sono da sempre il fedele alleato e principale fornitore di armi) dovrebbe cominciare a pensare a una nuova politica, se non vuole rimanere ostaggio di sé stesso (ma evidentemente anche qui la lobby delle armi conta molto di più di qualsiasi altra ragionevole considerazione…)

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore