Salviamo Mogadiscio

Anticamente, col termine Benadir (plurale arabo di Bandar, dall’originario sostantivo persiano che significa “i porti”) si identificava tutta la costa somala, dal Golfo di Aden fino alla foce del Giuba. Fin dal Medioevo, in essa operarono stazioni commerciali della navigazione araba sulla linea dal Golfo Persico a Zanzibar. Ad un’originaria federazione tribale succedette nella prima metà del XIII secolo un sultanato, mentre nel XVII secolo la costa del Benadir fu colonizzata dagli Omaniti, che nel XIX secolo si divisero nei sultanati di Muscat e Zanzibar. In epoca coloniale il Benadir definì invece la fascia costiera della Somalia meridionale in cui si trovavano i cinque porti (Pentapoli somala) di Brava, Merca, Mogadiscio, Uarsceikh e Mutri, prima “affittati” e poi acquisiti dall’Italia per fondarvi la seconda colonia africana dopo l’Eritrea. La Bahr al-Banadir (la costa dei porti) si presentava uniforme e sabbiosa, ma tuttavia orlata da una scogliera sottomarina che rendeva molto difficili e insidiosi gli approdi, specie da maggio a settembre; periodo durante il quale soffia il monsone meridionale dell’Oceano Indiano.

Mogadiscio, dopo la fine dell’AOI e dell’AFIS, ha subito il progressivo disfacimento dello Stato somalo, e da decenni è soggetta ad un degrado che pare inarrestabile. Basta solo prendere in mano le foto degli anni Cinquanta del Novecento della sua Cattedrale, la chiesa più importante di tutto il cristianesimo africano, per rendersene conto. Oggi questo edificio è stato letteralmente scarnificato: ne resta a mala pena solo la facciata. Anche altre le altre città delle ex colonie italiane in Africa non se la passano molto meglio: Tripoli è ancora sotto attacco, con una guerra civile che dopo la morte di Gheddafi è tuttora in corso; l’Addis Abeba italiana non esiste più, è stata rimossa e sostituita dall’edificazione cinese e da un’avanzata disordinata e inarrestabile della capitale etiopica. Discorso diverso è invece Asmara, la “piccola Roma” che malgrado gli anni e la devastazione della guerra tra Eritrea ed Etiopia è stata preservata.

L’Asmara ce l’ha fatta, entrando nel patrimonio dell’UNESCO nel luglio del 2017, soprattutto grazie alla tenacia degli Eritrei che ne hanno preservato il suo tessuto urbano. Mogadiscio, invece, è stata devastata dall’incuria e dalla guerra civile somala. Come ha scritto Teobaldo Filesi, “…Mogadiscio non esiste più o esiste come violazione di civiltà e come cancellazione della dignità umana” (Africa, giugno 1996).

Anche la Somalia tenta di uscire dalla crisi e avrà presto bisogno, come l’Eritrea, di tutelare ciò che rimane del suo passato e della sua identità. Anche Mogadiscio dovrà lasciarsi alle spalle una lunga storia di “damnatio memoriae” e ripartire. Qui operò tra gli Anni Venti e Quaranta l’architetto Carlo Enrico Rava, che realizzò nel 1934 l’albergo Croce del Sud e l’Arco di Trionfo valorizzando i caratteri costruttivi dell’architettura tradizionale banaadiri e declinandoli in chiave razionalista. Oggi l’albergo Croce del Sud, gravemente danneggiato dagli eventi bellici, è stato parzialmente inglobato in un centro commerciale. Tutto il quartiere di Shingaani (Cingani) è ormai ridotto a un cumulo di macerie dopo vent’anni di guerre tribali e a causa della totale mancanza di norme che tutelino il patrimonio. Hamarwweyne (Amaruini) è rimasto miracolosamente quasi intatto, anche se soffre di grandi problemi infrastrutturali. Molti speculatori vorrebbero impadronirsi di ciò che resta di Shingaani, le cui rovine oggi restano orrendamente desolate a pochi metri dalla battigia, masticate dal sole e dilavate dal vento, abitate solo da profughi disperati.

Finalmente qualcosa sta cambiando. Nonostante resti altissimo il pericolo per le continue incursioni e gli attentati di al-Shabaab, si incomincia ad intravedere qualche spiraglio di luce. Il ricercatore somalo Nuredin Hagi ha raccolto le preziose testimonianze dei somali, tuttora viventi, che lavorarono nel Villaggio del Duca degli Abruzzi, nonché i contratti da loro sottoscritti. Hagi e Maria Spina sono da ultimo intervenuti nel convegno organizzato dal Politecnico di Milano il 28 novembre 2019 dal titolo Infrastrutture e colonizzazione. Il caso africano tra heritage e sviluppo, i cui atti sono stati pubblicati, proprio per documentare l’importanza del Villaggio nel contesto dell’opera di infrastrutturazione della Somalia e l’importanza di salvare quello che resta del patrimonio di Mogadiscio. Da ultimo, è ora disponibile un video che raccoglie i risultati della mostra inaugurata il 10 dicembre 2018 presso l’ambasciata italiana di Mogadiscio (visibile on line all’indirizzo https://youtu.be/brFXW-PVqUI)

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore