Paropàmiso

Paropàmiso è il nome antico della catena dell’Hindukush e poi della catena montuosa dell’Afghanistan nord-occidentale, al termine dell’Hindukush.

Al Paropàmiso Fosco Maraini ha dedicato un volume. Questo libro non è solo un racconto di viaggio, e la spedizione da lui diretta non fu solo un trasferimento di corpi nello spazio, ma una vivissima esperienza interiore. Maraini e i suoi compagni cercarono di superare, oltre alle incredibili montagne di quella regione, anche quel “muro di idee” che divide le civiltà umane.

Di questa spedizione voglio ricordare soprattutto l’incontro che Maraini fece degli ultimi kafiri del Chitral, una regione inaccessibile chiamata Kafiristan o Nuristan (paese della Luce). Kafir, in lingua araba, significa “infedeli che non sono nel libro”, cioè in sostanza i non-cristiani e non-ebrei. Si tratta dei pagani che resistettero in questi isolate e quasi inaccessibili valli afghane per secoli, fino alla conquista islamica (1895) e alla loro conversione forzata ad opera dell’emiro dell’Afghanistan.

La linea di confine tra Afghanistan e Pakistan taglia il Kafiristan in due. È un confine puramente politico, la linea Mortimer Durand, risultato di un compromesso diplo­matico tra gli Afghani e l’allora Im­pero Britannico in India. Tracciato nel 1893, è da ottant’anni sotto accu­sa per i problemi creati dalla sua drasticità; non si è trovato ancora il modo di proporne uno migliore e, si sa, i confini non hanno mai tenuto debito conto delle esigenze dei popoli. Anzi, spesso sono stati creati dal colonialismo solo per indebolirli.

In queste valli dure e inospitali del Kafiristan, abitate da popolazioni indo-iraniche, veniva praticato un paganesimo panteistico popolato da fate, demoni, santi e ‘vaghe potenze affacciate sull’orlo del nulla’, da luoghi sacri dove si tenevano strane cerimonie, danze al chiaro di luna, e superbi monumenti lignei a ricordo degli antenati.

Oggi che questo mondo è stato praticamente cancellato dalla violenza dei bombardamenti e delle infinite guerre afghane, questo libro di Maraini è diventato una pietra miliare sulla lunga strada della civiltà, della conoscenza e della comunanza universale. E’ come affacciarsi sul pozzo della storia, sopra gli abissi del passato che evocano transiti, migrazioni, invasioni, battaglie. Uno straordinario caleidoscopio di eventi che giacciono in ordine sparso, tenuti insieme da fili invisibili, che legano la vicenda di Alessandro Magno, il buddhismo tantrico, le orde islamiche, Gengis Khan, i Moghul e, appunto, la vicende misteriose dei kafiri.

Ma di questo stupefacente itinerario, voglio ricordare anche un’altra cosa a mio parere più che straordinaria.

Maraini, alla fine della sua spedizione, divenne infatti una specie di ‘barbone girovago’. Perdendo oggi una pentola e un calzino, e domani un temperino, divenne a poco a poco (inconsapevolmente o meno) come uno dei tanti sadhu indiani il cui unico possesso è il piatto delle elemosine.

La vera ricchezza non sta nei beni materiali. Gli oggetti non sopravvivranno a noi. La vera ricchezza è la conoscenza, e la progressiva liberazione dal peso delle cose dà sempre un senso di grande leggerezza, di serenità e cosmica allegria.

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore