Nelle terre dei veleni

Londra, primavera del 1865. Inizia l’era delle grandi esplorazioni. Potenti Stati coloniali si contendono accanitamente in tutto il globo terracqueo territori sconosciuti, penetrando progressivamente oltre i confini del mondo “civilizzato”. Terre lontanissime, isolate dal resto del pianeta, tribù primitive che ricordano la preistoria, selve impenetrabili e pericolose, piante velenose e cacciatori di teste, creature mai osservate altrove in una natura esuberante e bizzarra: tutto ciò attrasse irresistibilmente la fantasia di un giovane studioso fiorentino, che dopo essersi specializzato presso i giardini botanici inglesi partì via nave attraverso un viaggio lunghissimo per conoscere il poco che si sapeva della lontana isola del Borneo. Stava così per iniziare il primo e più importante viaggio in quella terra di Odoardo Beccari, nel corso del quale percorrerà in lungo e in largo la giungla del Sarawak registrando dati, raccogliendo migliaia di reperti scientifici ed entrando in profondo contatto con le comunità indigene. Beccari, che con le sue relazioni ispirerà la narrativa di Emilio Salgari, vivrà tre anni in completo isolamento, in luoghi inesplorati e tra popoli primitivi, senza rimpianto per gli agi e le tecnologie di casa. Tre anni che Beccari si trova a descrivere, dopo quasi quarant’anni, in un racconto di viaggio suggestivo, dove la spigolosità del carattere e il rigore dello scienziato si fondono inaspettatamente con la poetica nostalgia per gli anni giovanili.

La fascinazione per questo mondo primordiale attirerà, oltre a Beccari, altri esploratori italiani che oggi sono in pochi a ricordare; Luigi Maria d’Albertis, Elio Modigliani, Giovanni Maria Cerruti e Lamberto Loria. Dettero addio alla “civiltà” attratti irresistibilmente dalla foresta, che come scrisse Beccari “[…] ispira più timore dell’oceano e del deserto […]: nella foresta […] più si avanza e più sembra che il mondo si chiuda dentro di noi […]”.

D’Albertis, un ex-garibaldino originario di Voltri che era entrato in contatto con Doria, partì insieme a Beccari nel 1871 per una prima spedizione diretta in Nuova Guinea. Oltre ad avere una certa dose di coraggio, occorreva avere un fisico eccezionale per sopportare le malattie che infestavano quei paesi tropicali. Alla fine di questo viaggio, D’Albertis si trasferì a Sidney, dove conobbe George Bennet, che lo mise in contatto col British Museum dove inviò gran parte degli uccelli del Paradiso che aveva catturato per essere studiati. Rientrato in Italia per problemi di salute, finì dapprima nella campagna romana e poi nel sassarese, dove visse come un selvaggio della Papuasia, in compagnia dell’anziana serva Gesuina, di un cane e di una volpe: l’unica persona con cui mantenne i contatti fu il cugino Enrico d’Albertis, che alla sua morte si prese cura delle sue collezioni trasferendole nel suo castello-museo di Genova.

Elio Modigliani, che era di Firenze come Beccari e cugino di Arturo Issel, un altro grande scienziato che studio il Mar Rosso, frequentò a lungo i laboratori del Museo civico di storia naturale fondato da Doria, dove apprese le tecniche di conservazione degli esemplari naturalistici. Presso l’Istituto idrografico della Regia Marina di Genova si istruì sull’uso del sestante e sulle pratiche di rilevamento topografico. A Firenze, sotto la guida di Mantegazza ed E.H. Giglioli, Modigliani ebbe anche modo di acquisire le conoscenze necessarie per affrontare lo studio antropologico ed etnografico con rigore scientifico. Trascorse poi un periodo importante di preparazione nei musei scientifici delle principali capitali europee, in particolare in Olanda, dove potè aggiornarsi sulla letteratura scientifica più recente sulla regione indonesiana. Nel 1886, partì per la sua prima spedizione all’isola di Nias, davanti alle coste occidentali di Sumatra, affrontando a proprie spese i costi dell’impresa. La scelta della destinazione fu probabilmente ispirata da Beccari, che aveva compiuto nell’arcipelago malese alcune importanti spedizioni. Il soggiorno a Nias, che durò oltre 6 mesi, si svolse a stretto contatto con le popolazioni locali e permise a Modigliani di accumulare una grandissima messe di informazioni di carattere naturalistico, antropologico, ma soprattutto etnologico (sull’organizzazione sociale, il ruolo della donna, i miti e le credenze religiose, la lingua), presentate in numerose pubblicazioni. Negli anni successivi al ritorno definitivo in Italia, Modigliani frequentò assiduamente il Museo antropologico e la cerchia di studiosi riuniti intorno a Mantegazza e alla Società antropologica da lui fondata. In questa ricoprì negli anni importanti cariche, assumendone la presidenza con la morte di Mantegazza, nel 1910. Nel biennio di presidenza propose e portò ad approvazione una drastica trasformazione in senso «democratico» della Società.

Giovanni Battista Cerruti era di Varazze, e come tutti i marinai era un gran sognatore. Le notizie biografiche su di lui sono veramente scarne, anche perché non amava parlare di sé. Si recò nel Siam, ma ignoriamo ciò che vi fece e quando. Fu tra i Semang, i Negriti, i Sam Sam, i Batack e i Sakai, che lo adorarono e lo elessero a loro re. La sua meta preferita rimase l’isola di Nias , a Ovest di Sumatra, dove visse avventure spericolate prima di diventare il re della tribù Sakai ( Malacca) con cui convisse 15 anni. Nel 1906 Cerruti ritornò in Italia per presentare all’Esposizione internazionale di Milano, nel padiglione destinato a illustrare le iniziative italiane all’estero, i primi tentativi di lavori compiuti dai Sakai: in quell’occasione fu esposto anche il suo volumetto comprendente il resoconto delle sue avventure, che andò letteralmente a ruba nel giro di solo quattro mesi, e che verrà ripubblicato dalla Bemporad di Firenze solo nel 1931. Tornerà una seconda volta in Italia nel 1912 per sollecitare ulteriori finanziamenti dai soci della Società dell’Estremo Oriente, da lui fondata, con sede a Milano, per la quale aveva iniziato e sviluppato le piantagioni di Havea o di Ficus elasticus. Morì il 28 giugno 1914 nell’ospedale di Penang, in seguito ad un’infezione intestinale. La sua morte resta ancora oggi un mistero. Le sue spoglie, grazie all’interessamento della sorella Emilia Elvira, furono trasportate in Italia nel 1933 nel cimitero della città natia. La sua tomba oggi ha bisogno di urgenti interventi di restauro. Al Museo di Savona, sua provincia di origine, donò una rarissima collezione di armi malesi ed alcuni splendidi esemplari di animali indigeni.

Il Sudest asiatico rappresentava in quegli anni una frontiera geografica scientificamente molto rilevante, sulla scia delle ricerche intraprese da A. Russel Wallace, che vi aveva elaborato la sua teoria sull’evoluzione distintamente da Charles Darwin. L’Arcipelago Indonesiano resta tuttora un territorio affascinante dal punto di vista etnografico, una sorta di “grande deriva” in cui grandi migrazioni si sono succedute durante i millenni. Di particolare fascino sono le genti Papua dell’Iran Jaya, alcune delle quali restano tuttora congelate all’età della pietra, e che ci riportano alla storia antica dell’uomo: il loro mondo della foresta sta ormai scomparendo, e con esso il modello di vita degli uomini cacciatori-raccoglitori.

Sumatra, Borneo, Sulawesi, Malesia, Nuova Guinea, rappresentano ancora oggi uno dei confini del mondo “civilizzato”, e uno straordinario punto d’incontro tra mondo euro-asiatico e quello austro-melanesiano dove sussiste un crogiuolo di razze con trecento sessantasei diversi gruppi etnici. Beccari, d’Albertis, Modigliani e Cerruti, che oggi sono pressoché dimenticati, affrontarono l’ignoto, sfidandone i mille rischi e pericoli, si ammalarono, spendendo i loro anni migliori nella continua lotta per amore di scienza e nella sublime incertezza del domani. È arrivato il momento di raccogliere le loro memorie esplorative e di valorizzarle, in nome di quella stessa sete di conoscenza che lì portò ad affrontare disagi e malattie. Salvare le loro figure dall’incombente oblio sarà l’obiettivo delle mie ricerche nei prossimi mesi

(nell’immagine: Sakai – foto di Giovanni Battista Cerruti)

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore