Massaua e l’operazione Fenkil (febbraio 1990)

Dopo la federazione forzosa dell’Eritrea (1950) e la sua annessione all’Etiopia (1961), iniziò una guerra terribile tra i due paesi. I segni di questa guerra caratterizzano ancora profondamente la città di Massaua, che trascorse momenti molto difficili.

L’assedio di Massaua da parte dei combattenti eritrei iniziò il 13 dicembre 1977, e in poco tempo gli eritrei del FLPE conquistarono gran parte della città. La vittoria tuttavia non fu completa in quanto essi non riuscirono a conquistare l’isolotto prospiciente Massaua, dove si assediarono le truppe etiopiche.

Gli eritrei, come sostenne Richard Sherman, credevano probabilmente che l’occupazione di questa importante città portuale avrebbe ridotto le capacità di controffensiva etiopica su larga scala con il sostegno sovietico (i sovietici avevano creato delle basi navali nelle isole Dahlak).

Ma la mancata conquista di Massaua diede respiro al contrattacco etiopico. Nel lungo assedio di Massaua si vide per la prima volta l’intervento diretto sovietico a sostegno degli etiopi, che fino ad allora si era limitato ai massicci bombardamenti navali in appoggio alle unità etiopiche. I guerriglieri eritrei controllavano i tre quarti di Massaua ma i soldati etiopici non mollavano: Massaua era l’unico porto etiopico sul Mar Rosso a disporre di acque relativamente profonde, mentre cubani e sovietici realizzavano una nuova base navale nelle isole Dahlak.

Nei primi mesi del 1978 i paesi del blocco sovietico intensificarono il loro sostegno al regime del Derg, e, mentre gli etiopi restavano asserragliati a Massaua ed Asmara, Mosca e i suoi alleati avviarono contatti col FLPE. Con la mediazione della DDR (che stava nel frattempo addestrando le spie etiopiche) vennero avviati dei negoziati a Berlino Est tra FLPE e Derg. Ma con l’avvio di questi negoziati la resistenza eritrea dovette prendere atto che il sostegno del blocco sovietico al Derg non si sarebbe esaurito con la fine della guerra nell’Ogaden (febbraio 1978), e si ritirarono così dai negoziati.

Il 10 ottobre 1978 gli etiopi dettero inizio all’Operazione Mar Rosso, l’ottava delle loro offensive militari contro gli indipendentisti eritrei dal giugno di quell’anno. Questa offensiva si protrasse fino al 29 novembre: il 7 novembre Menghistu assistette col colbacco in testa all’anniversario della Rivoluzione d’Ottobre mentre infuriava la battaglia.

Fu un’offensiva inutile e sanguinosa, durante la quale gli esperti di guerra psicologica del regime del Derg, insieme alle micidiali bombe a frammentazione di fabbricazione sovietica, fecero gettare dagli aerei Antonov migliaia di copie di opuscoli con cui il Derg prometteva compassione e magnanimità ai combattenti eritrei che si fossero arresi.

Questa logorante guerra eritreo-etiopica troverà nella battaglia di Massaua (c.d. “operazione Fenkil”) dell’8-10 febbraio 1990 uno dei suoi momenti più drammatici. Il FLPE scatenò la sua offensiva terrestre lungo un fronte di 200 km, e la prima direzione di essa fu lungo la strada Asmara – Massaua, mentre con la seconda penetrò attraverso l’area del Semhar puntando verso Massaua: piccole imbarcazioni ad alta velocità invasero il porto di Massaua dove erano in rada le navi da guerra etiopiche. Furono dei battaglioni femminili terrestri a liberare la città, che per rappresaglia fu orrendamente bombardata dall’aviazione etiopica, che sganciò migliaia di bombe a grappolo e al napalm.

La devastazione che ne seguì, ancora ben visibile ai nostri occhi, fu enorme: centinaia di edifici vennero gravemente lesionati, compreso il Palazzo del Governatore e quello della Banca d’Italia nei pressi del porto; centinaia di civili rimasero uccisi, i magazzini del grano furono bruciati e le infrastrutture portuali (già danneggiate) subirono una tremenda distruzione. Il Derg rimase scioccato dalla perdita di Massaua, e questo accelerò la sconfitta finale dell’esercito etiopico.

Per commemorare questa epica vittoria nel 2004 gli eritrei eressero un memoriale di guerra davanti alla Chiesa cristiano-copta di Taulud, posizionando tre tank di fabbricazione sovietica sottratti agli etiopi. La guerra d’indipendenza dell’Eritrea finirà il 29 maggio 1991, cui seguirà nel 1993 la proclamazione formale dell’indipendenza del paese. Una nuova guerra con l’Etiopia scoppierà nel periodo 1998-2000 per il possesso della zona di Badme.

Alla vittoria militare etiopica seguirà la vittoria eritrea in un estenuante arbitrato internazionale che l’Etiopia si rifiutò di riconoscere. Fino alla firma dei nuovi accordi di pace del 10 luglio 2018.

Oggi Massaua attende ancora di essere tutelata e salvaguardata, e porta ancora le devastanti ferite dei bombardamenti etiopici. Ma non ha ancora cessato di esistere e di evocare il suo glorioso passato.

Il Mar Rosso e Massaua, da sempre, appartengono a una geografia variabile. Lo spazio eritreo si presenta fin dall’antichità come molto complesso e articolato, con proiezioni economico-sociali non solo verso l’interno dell’Etiopia ma anche verso l’Arabia, il Sudan, l’India e il Mediterraneo.

L’Eritrea ha da secoli un suo rilevante spazio geo-strategico che va ben al di là dei suoi attuali confini, e ciò nell’ambito di una macroregione (il Corno d’Africa) già di per sé complessa. Al centro, oggi come allora, dei complessi equilibri del Corno d’Africa e dell’intero globo, Massaua ci parla ancora di affascinanti alterità e di labili frontiere tra vari mondi possibili, e soprattutto della necessità di integrare pacificamente popoli, economie e culture.

(estratto da Alessandro Pellegatta, Il Mar Rosso e Massaua, Historica editore, Roma 2019)

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore