Mario Rigoni Stern

Per cominciare bene questo 2021 vorrei parlarvi di Mario Rigoni Stern.

In un’intervista rilasciata alle scuole una ventina d’anni fa egli disse agli studenti: “[…] Leggete, studiate, e lavorate sempre con etica e con passione; ragionate con la vostra testa e imparate a dire di no; siate ribelli per giusta causa, difendete sempre la natura e i più deboli; non siate conformisti e non accodatevi al carro del vincitore; siate forti e siate liberi, altrimenti quando sarete vecchi e deboli rimpiangerete le montagne che non avete salito e le battaglie che non avete combattuto”.

Di quest’uomo esemplare, il cui archivio privato è stato dichiarato d’interesse storico particolarmente importante il 14 giugno 2017 dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica per il Veneto e per il Trentino-Alto Adige, vorrei oggi parlarvi dei suoi esordi letterari. I quaderni manoscritti giovanili, conservati con cura, dimostrano che l’impulso alla scrittura è sempre stato presente nell’autore, ben prima della esperienza della guerra che tanto ha segnato la sua vita e quella di tanti giovani come lui.

La sua prima opera fu “Quota Albania”, che come ha scritto Giorgio Rochat “[…] spicca nella memorialistica bellica per la sua sobrietà, la pulizia delle descrizioni, la testimonianza che porta sulla rassegnata ignoranza con cui si accettava la guerra”. Il citato libro, pubblicato nel 1971 da Einaudi e riedito nel 2018, è la cronaca personale dello scrittore, ricostruita grazie a due taccuini fortunosamente salvati, che narra la breve campagna di Francia e i mesi di guerra di posizione sui monti al confine tra Albania e Grecia. Gli episodi del romanzo precedono cronologicamente quelli raccontati ne “Il sergente nella neve”.

È stato proprio questo volume a spingermi a conoscere l’Albania, questo paese così vicino e in fondo ancora così lontano a cui ho dedicato nel 2012 un libro (“Agim. Alla scoperta dell’Albania”, Besa editrice). Nel 1939 l’Italia fascista annesse al proprio territorio l’Albania, da cui partì per “spezzare le reni” della Grecia. “Quota Albania” è uno dei capolavori del compianto Mario Rigoni Stern, la testimonianza lucida e commuovente della tragedia dei nostri Alpini, che morirono sotto il fuoco nemico e per congelamento in quell’avventura sciagurata voluta da Mussolini. Tomori, Valamare, Gur, Topit: sono questi i nomi delle montagne evocati da Rigoni Stern che “[…] biancheggiano, lontane, dentro il cielo azzurro” e dove si consumò la lotta dei partigiani albanesi contro gli invasori.

Nelle pagine di Rigoni Stern rivedo le vicende del fratello di mio nonno materno, Mariano Ladurini, che soldato in Albania dopo l’8 settembre 1943, a seguito della resa del generale Dalmazzo agli ex-alleati germanici, fu deportato nell’inferno di un lager tedesco, da cui uscì miracolosamente vivo ma minato nel fisico e nella psiche. Non volle mai raccontare la sua esperienza di deportato. Per cinquant’anni mangiò mattino e sera solo riso in bianco e verdure bollite: fu costretto per troppo tempo a bere la sua stessa urina, e le guardie del lager lo baionettavano nel sedere quando si recava alla latrina. Su queste montagne albanesi, i nostri prodi Alpini si “lasciarono vivere”, mangiando come descritto in “Quota Albania” tartarughe bollite e bisce arrostite, e facendo attenzione alle vipere “[…]…tra le erbe alte che emanano un odore aspro”.

“Quota Albania” descrive un anno di guerra e due campagne militari, in Francia e in Grecia. Rigoni Stern possiede davvero qualità straordinarie: l’occhio attento, la sensibilità per i particolari che diventano allegorici, l’intimo e alto sentire al di sopra delle contingenze; la sorridente ed umile modestia per cui sempre dissimula il suo animo nelle pieghe dei fatti e dei personaggi che incontra lungo il suo cammino di giovane soldato. Eccolo il diciannovenne caporale Rigoni Stern, montagnino nel profondo, conoscitore infallibile di ogni sentiero e bosco e dirupo, sulle Alpi valdostane e trentine, in quella breve e sciagurata campagna albanese, occupare paesini arrampicati sulle costole di montagne insidiose, eppure tanto simili a quelle di casa propria, e “lasciarsi vivere” giorno per giorno, tra i pettirossi che cantano tra le spoglie dei compagni caduti nella neve e nel ghiaccio, divorati dai corvi, mal equipaggiati e senza viveri.

Toccò proprio agli Alpini e al giovane caporale Rigoni Stern prendere posizione su queste desolate montagne albanesi, remote e irreali come crateri sulla Luna: l’unico a sapersi orientare pare solo Rigoni Stern – “Piè veloce” lo soprannominarono. Egli corre instancabile per chilometri nel fango e nella neve, descrivendo i pericoli e le umane miserie, la solidarietà tra i soldati operai e l’assurdità di quella guerra, trovando così un modo per sentirsi libero e umano, per riavvicinarsi idealmente ai suoi monti e ritagliarsi l’illusione di una pace dove la vita nel bosco ha ancora il suo antico significato.

Impariamo da Rigoni Stern il significato vero della resilienza davanti all’abbruttimento, il rispetto della natura e difendiamo, come lui fece, anche la nostra umanità dalle aggressioni del presente. Buon Anno a Tutti!

 

 

 

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore