Luigi Maria D’Albertis

Ieri, 25 ottobre 2020, è ricorso il centenario di Odoardo Beccari, il grande esploratore e botanico che ispirò la penna di Emilio Salgari. Beccari partì il 25 novembre 1871 per Bombay per condurre un’esplorazione della Nuova Guinea insieme ad un altro grande esploratore italiano, che oggi sono in pochi a ricordare e conoscere, e che entrando in contatto con Beccari, Doria e Gestro, si appassionò alle scienze naturali. Il suo nome era Luigi Maria D’Albertis. Luigi Maria D’Albertis (1841-1901), fu esploratore e cultore di scienze naturali. Nato nel 1841 a Voltri da una ricca famiglia, a 19 anni fu con i Mille a Palermo, e di lì iniziò una serie di viaggi in tutto il mondo. Viaggiò in Nuova Guinea tra il 1871 e il 1877, raccogliendo un grande numero di animali e piante. Lui stesso pubblicò in lingua inglese i suoi diari nel 1880 con il titolo “New Guinea. What I did and what I saw”. Anna d’Albertis, il cui bisnonno Bartolomeo era cugino di Luigi Maria, si è innamorata di questo personaggio scomodo ed ingombrante – ma prorompente e affascinante – e ne ha voluto trasmettere la testimonianza riducendo il suo scritto in una versione più appetibile al giorno d’oggi, ora disponibile sia in italiano che in inglese. Ancora oggi la Nuova Guinea resta, dopo più di 130 anni, un’avventurosa destinazione per grandi viaggiatori ed una delle terre meno esplorate del pianeta, con una straordinaria biodiversità. Oggi come allora, visitarla non richiede solo coraggio e passione, ma anche un fisico d’eccezione, perché le malattie che infestano i paesi tropicali possono essere micidiali. Dal 1871 al 1873 d’Albertis compì una serie di spedizioni in Nuova Guinea, spedizioni che dovette però poi interrompere per ragioni di salute. Si stabilì perciò a Sydney dove ebbe modo di conoscere George Bennett il quale lo mise in contatto con il British Museum di Londra. Al museo londinese d’Albertis inviò gran parte degli esemplari di uccello del Paradiso che erano stati da lui uccisi affinché fossero accuratamente studiati. La figura di Luigi Maria d’Albertis viene collocata all’interno delle esplorazioni della seconda metà del XIX secolo. Luigi Maria ancora oggi non è molto amato in Nuova Guinea: durante le sue esplorazioni depredava infatti i villaggi, e non si fermò nemmeno davanti alle tombe dei nativi, sottraendo anche le ossa e i teschi dei defunti. Il suo viaggio lungo il fiume Fly fu osteggiato in ogni modo dalle popolazioni locali, che attaccavano a bordo delle loro canoe la “Neva”, l’imbarcazione a vapore su cui Luigi Maria col suo equipaggio (fatto solo di nativi e di cinesi) risaliva controcorrente posizionandosi sempre al centro del fiume, per stare il più lontano possibile dalle frecce velenose e dalle lance che dalle rive i nativi gli scagliavano contro. Il suo libro “Alla Nuova Guinea. Ciò che ho veduto e ciò che ho fatto” (Lliberodiscrivere Edizioni, 2010) è una fonte preziosa di informazioni sugli oggetti etnografici che ha raccolto e lasciato al cugino Enrico Alberto, oggi esposti nel museo D’Albertis di Genova. Per questioni di salute, Luigi Maria dovette rientrare in Italia, stabilendosi dapprima nella campagna romana, dove visse quasi come un selvaggio della Papuasia, e poi (per motivi che ancora non conosciamo) si trasferì a Sassari, dove visse il resto dei suoi anni in compagnia della sua vecchia serva Gesuina, di un cane e di una volpe. L’unica persona che era rimasto in contatto con lui fu il citato cugino,che alla sua morte (1901) si prese cura delle sue collezioni. C’è una coda interessante di questo piccolo mistero sassarese. Paolo Puddinu, che insegna a Scienze Politiche la storia dei paesi del Lontano Oriente, ha trovato il diario di bordo di un marinaio della pirocorvetta – cioè una nave che viaggiava a vela e a motore – “Vettor Pisani” che tra il 1871 e il 1873 arrivò fin nel Pacifico, prima nave italiana (dopo la conquista di Roma) a compiere praticamente la circumnavigazione del globo, toccando tutte le terre affacciate sull’Oceano Pacifico e tornando attraverso l’Oceano Atlantico. In un’isoletta della Nuova Guinea, nel settembre del 1872, la nave incontrò e imbarcò i due naturalisti, che avevano compiuto studi interessantissimi sugli animali e la flora di quella terra sconosciuta (soltanto D’Albertis scoprì cinquanta nuove specie di animali). Il diario è un documento prezioso, non soltanto per i giudizi sulle terre sconosciute toccate dalla nave ei numerosi incontri con gli “indigeni”, ma anche per la denuncia degli abusi (veri e propri furti) che venivano commessi

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore