La filmografia dei fratelli Castiglioni: un patrimonio da conoscere e preservare

“Mostrare, a quei tempi, realtà poco conosciute, o indagate superficialmente, ci ha fatto scoprire un mondo che stava scomparendo rapidamente e che ora non esiste quasi più. Meritava tuttavia essere indagato con maggior attenzione in quanto rappresentava una fetta di umanità non indifferente. Un mondo da documentare in libri, foto, film …”. Lo stralcio proviene da una intervista apparsa in un volume pubblicato nel 2016 da Mimesis, e curato da Fabio Francione e da Fabrizio Fogliato, “Jacopetti Files. Biografia di un genere cinematografico italiano”.

A parlare della propria passione per l’Africa, condivisa con il fratello gemello Angelo, è Alfredo Castiglioni, scomparso a Gallarate il 14 febbraio 2016 per un attacco di cuore. Il 18 marzo avrebbe compiuto ottant’anni: era nato a Milano nel 1937. Con il fratello erano da poco tornati da un’ennesima spedizione archeologica. Gli scavi archeologici su Adulis (Eritrea) e le indagini sulle civiltà del passato, e in particolare sul Deserto orientale nubiano (che hanno portato alla scoperta di Berenice Pancrisia nel 1989 e che, a breve, vedranno una prestigiosa pubblicazione curata dal British Museum) sono stati il loro ultimo approdo di studio dopo essere stati esploratori, etnologi, fotografi, documentaristi e scrittori. Alfredo e Angelo hanno costituito una delle “ditte” intellettuali più eclettiche del secondo novecento. La loro curiosità li ha spinti per sessant’anni a viaggiare e ad incontrare popoli e genti dell’Africa più nascosta e sconosciuta e lo hanno fatto in tempi in cui spostarsi non era semplice. Spinti dall’avventura, giovanissimi, arrivarono nel Continente Nero attraversando il Marocco e l’Africa sahariana in lambretta. Negli anni Cinquanta i mitici fratelli furono educati da letture colte, che svolgevano nelle sale della Biblioteca Sormani, e influenzati dai reportage giornalistici come “Africa a cronometro” di Egisto Corradi. Alfredo e Angelo si stavano inventando un mestiere. Cominciarono ad organizzare spedizioni per conto loro. Il loro approccio all’etnologia fu aiutato anche dalla lettura dei diari dei primi esploratori italiani in Africa (Piaggia, Casati, Miani, Gessi tra tutti) e dal supporto di Giovanna Salvioni, docente della Cattolica di Milano, e in più ci misero la tecnologia, dapprima usando la fotografia e successivamente le cineprese 16mm. Ancora oggi chilometri di pellicola attendono di essere digitalizzate e tramandate ai posteri. È il cruccio più grande di Angelo, che passa le sue giornate (a 83 anni) scannerizzando diapositive e continuando sul blog del Museo Castiglioni a riportare gli estratti dei Diari di viaggio scritti insieme al fratello.

Proprio questo e una serie di fortunate coincidenze fecero sì che tutti i materiali girati finissero nelle mani della Cineriz, che allora (e siamo nella seconda metà degli anni Sessanta) si godeva il successo dei “Mondo cane”. Rizzoli e compagnia fiutarono l’affare e infilato Guido Guerrasio come coordinatore e montatore del girato dei Castiglioni realizzarono un autentico e sottovaluto capolavoro, “Africa segreta”, il primo dei cinque film a loro accreditati dal 1969 al 1983. Pur subendo gli strali della censura dell’epoca, il successo di “Africa segreta” fu enorme, come quello dei due film successivi, “Africa ama” e “Magia nuda”, quest’ultimo addirittura con il commento di Moravia che allora “prestava” le sue lettere africane anche a “Ultime grida della savana”. Tuttavia, il filone inventato da Jacopetti per certi versi stava alquanto stretto ai Castiglioni, che infatti erano lontani anni luce dall’idea di cinema e non solo del giornalista-regista di Barga.

Infatti, rivisti oggi, i due cineasti-esploratori lombardi mostravano l’esistenza di altri modi di vita, e soprattutto affermavano che l’Occidente non era il centro del mondo. Tutto ciò troverà conferma anche negli ultimi due film, “Addio ultimo uomo” e “Africa dolce e selvaggia”, anche se realizzati fuori tempo massimo e quasi un canto del cigno del genere che avrà qualche altro sussulto, con altri protagonisti e in direzioni estreme e differenti. I fratelli Castiglioni erano infatti spinti da quella stessa curiosità e attenzione che aveva portato nell’Ottocento Carlo Piaggia a testimoniare la positività di questi uomini “primitivi”, in netta controtendenza rispetto alle teorie razzistiche e civilizzatrici che avrebbero costituito l’alibi per lo scramble for Africa e la colonizzazione politica del Continente nero. Come disse infatti Piaggia, “[…] l’uomo nasce buono e questi poveri negri primitivi non hanno guasto il sangue dai vizi della nostra civiltà. Sono migliori di noi. Le loro idee di morale sono bellissime perché naturali”.

Questo atteggiamento di profonda conoscenza e rispetto per la diversità africana dei fratelli Castiglioni, peraltro, negli anni Sessanta divenne anche il leit motiv di Pier Paolo Pasolini, che nel 1962 avvertiva nel progresso occidentale la distruzione del patrimonio ancestrale dell’umanità. “[…] Noi ci troviamo – scriveva Pasolini nel 1962 – alle origini di quella che sarà probabilmente la più brutta epoca della storia dell’uomo: l’epoca della alienazione industriale”. Così come in Pasolini, anche nei fratelli Castiglioni nasce così e si sviluppa la consapevolezza della ineludibile distruzione del vecchio mondo africano davanti all’inarrestabile avanzata di un neocapitalismo sempre più feroce e aggressivo, nonché di un neocolonialismo economico e culturale che, sostituendosi al vecchio colonialismo politico dell’Ottocento, avrebbe presto riportato i giovani stati indipendenti africani sotto il giogo delle multinazionali occidentali.

Così come in Pasolini, l’Africa per i fratelli Castiglioni non rappresenta il simbolo di una radicale alterità, cui contrapporre le istanze civilizzatrici dell’Occidente, bensì un elemento essenziale della storia umana che, resistendo ai vortici della cultura consumistica, può ancora custodire valori ineliminabili e la cui conservazione appare indispensabile per cercare di ri-orientare lo sviluppo epocale della presenza umana sulla terra. Nascono così, lungo questi itinerari esplorativi dei Castiglioni ispirati dalla curiosità e dell’attrazione, quei sentimenti di appartenenza comune ai destini umani che trasformeranno la loro esperienza esistenziale nell’allegoria di un profondo impegno civile e umanitario. Quello stesso impegno che spinse Casati a condurre con sé in Italia sei africani e la figlia adottiva Amina, che portarono Piaggia a descrivere i Niam-Niam per quello che erano realmente e che indussero Robecchi Bricchetti a collaborare con la Società Antischiavista italiana per contrastare l’indegno traffico di uomini attivo nel Corno d’Africa. Per questo la parabola dei fratelli Castiglioni ci riporta allo stesso umanesimo degli esploratori italiani dell’Ottocento, cui resta legata indissolubilmente.

È ancora oggi difficile scindere la vita di Alfredo da quella di Angelo, anche ora che il primo non c’è più. Si integravamo alla perfezione; i loro racconti affascinanti per la duplicazione e l’intersezione delle loro voci erano qualcosa di unico. Ad Angelo, il più cinematografico dei due, è toccato raccogliere la parte d’eredità intellettuale di Alfredo e continuare nell’impresa archeologica di Adulis (Eritrea), la Pompei d’Africa. Sempre ad Angelo e al figlio Marco spetta oggi l’ultima grande prova, forse la più difficile: creare un nuovo museo dell’esplorazione; salvare tutto il patrimonio materiale e immateriale dell’esplorazione dei Castiglioni e della storia esplorativa italiana; digitalizzare i chilometri di pellicola che rischiano di andare perduti per sempre; e, last but not least, consentire la prosecuzione degli scavi archeologici di Adulis (Eritrea), un’impresa epica che pur tra mille difficoltà sta dando i suoi frutti dopo oltre otto anni di attività, e che i due mitici fratelli intrapresero all’alba dei settantaquattro anni con preveggenza visionaria, dando lustro a una pagine dimenticata della storia antica dell’uomo che rischiava di rimanere per sempre sepolta nel fango.

(nell’immagine: locandina di “Africa segreta” ritoccata dalla censura)

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore