Ilaria Alpi, la Somalia e i segreti di Stato

Domani, 20 marzo 2021, ricorrerà il 27esimo anniversario della morte di Ilaria Alpi, che infatti fu uccisa a Mogadiscio il 20 marzo 1994 insieme al cineoperatore Miran Hrovatin. Non sono bastate due commissioni d’inchiesta e svariati processi per tentare di individuare gli esecutori materiali e i mandanti del loro brutale assassinio. Dopo oltre due decenni di battaglie giudiziarie coraggiose contro insabbiamenti e depistaggi di ogni genere e contro gli omissis dei segreti di Stato (che ancora permangono e impediscono di individuare i ruoli effettivi di molti faccendieri), è scomparsa anche mamma Luciana.

In questi 27 anni non siamo venuti a capo di niente. Peggio. Nel corso di questa terribile messa in scena politico-giudiziaria un ragazzo somalo (Omar Hassan Hasci) è stato ingiustamente condannato a 26 anni di reclusione (di cui 17 scontati in carcere) a causa di una falsa testimonianza di un altro somalo (Ahmed Ali Rage detto Gelle) che, sotto le promesse di compensi di ignoti, lo calunniò nell’ambito di un’attività di depistaggio di più ampia portata. La sentenza della Corte d’Appello di Perugia che il 13 gennaio 2016 ha assolto Hasci ha scritto di “condotte che generano sconcerto” e sottolineato le “mancate concrete ricerche” del Gelle, che pur risultando alle autorità italiane “irreperibile” fu agevolmente intervistato da una nota trasmissione di RaiTre a Londra. Questa sentenza, nonostante il contenuto esplosivo dei rilievi dei giudici di Perugia, è passata incredibilmente sotto silenzio mentre avrebbe dovuto generare un terremoto istituzionale. Mamma Luciana pubblicò a sue spese un comunicato sulla stampa il 20 marzo 2017: al dolore di madre si aggiunsero anche l’umiliazione e il tormento di un’attesa che alla fine ha ucciso anche lei, nell’indifferenza dei più. Ma, lo sappiamo bene, in Italia spesso la verità giudiziaria è sempre altro rispetto a quella storica. Ce lo ricordano le tante, troppe stragi di Stato che ancora restano impunite. Malgrado centinaia di fascicoli intestati a faccendieri di ogni risma rimangano secretati, la verità storica su Ilaria e sulla Somalia appare comunque in modo incontrovertibile. Con un percorso senza soluzione di continuità dalla fine dell’Ottocento fino agli anni Novanta del secolo scorso il colonial-fascismo italiano si è espresso per quello che effettivamente è stato.

Dalla Società del Benadir alla Tangentopoli della Cooperazione italiana, che ha bruciato 1.400 miliardi di vecchie lire, la Somalia è stata per decenni il terreno delle nostre scorrerie, delle nostre malefatte e dei nostri (immutabili) vizi: lottizzazione politica, corruzione, abusi di potere, malversazioni, conflitti di interessi e uso disinvolto del denaro pubblico per finalità e ruberie private, opacità della politica e mancanza di controlli. Gli italiani non lo sanno e non lo vogliono sapere.

Ogni tanto riemerge da questo blob qualche spezzone di notizia (come, ad esempio, la liberazione della cooperante Silvia Romano, grazie soprattutto ai servizi segreti turchi) ma poi tutto ritorna nell’oblio: gli Italiani preferiscono coltivare il loro immaginario collettivo intriso ancora di falsi miti, di convinzioni e teorie giustificazioniste, e ancora oggi ignorano gli sviluppi delle lobby colonialiste e le lottizzazioni che la Cooperazione allo sviluppo degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso avviò impunemente.

Rimuovere le nostre colpe, come ha scritto Angelo Del Boca, non ci servirà a migliorare i nostri rapporti con l’Africa. Esaminarli e studiarli, viceversa, potrà permettere all’Italia di svoltare e iniziare un nuovo modo di cooperare con i paesi africani, abbandonando definitivamente le sue nostalgie coloniali. Quelle che potrete trovare nel mio nuovo saggio sulla Somalia (al momento disponibile in formato e-book su KOBO) è la sintesi di una storia, quella dell’avventura italiana in Somalia, che resta ai margini della memoria nazionale. Una storia di “damnatio memoriae” che va comunque conosciuta per tentare di salvare quello che resta della Somalia, di Mogadiscio e del suo patrimonio storico e culturale a rischio di distruzione.

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore