Il nobile esploratore. Pietro Savorgnan di Brazzà

Quest’anno ricorrere il bicentenario della fondazione della Società Geografica Francese. Si tratta della più antica società geografica del mondo: la Società Geografica Italiana fu invece fondata solo nel 1867, a seguito dell’Unità d’Italia. Nel 1874 chiese la cittadinanza francese e fu nazionalizzato un grande e nobile esploratore italiano, la cui voce nel Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 91 (2018) è stata curata dal prof. Francesco Surdich. A lui Silvino Gonzato, l’autore di Esploratori italiani (Neri Pozza, 2012), ha dedicato il primo capitolo del suo libro, mentre uno scrittore della Martinica di lingua francese, René Maran, nel 2009 gli ha dedicato un volume intitolato “Il nobile esploratore” (tradotto in Italiano per la casa editrice FORUM nel 2011). Il suo nome è Pietro Savorgnan di Brazzà.

Brazzà visse forse l’ultima stagione di esplorazione nella storia dell’uomo. L’Africa, all’epoca, non era stata ancora interamente mappata ed incerta restava la geografia interna del continente. Grandi difficoltà creavano i corsi fluviali dei quali era, in molti casi, sconosciuta la fonte. Il suo fu un approccio anticolonialista, molto diverso dall’aggressività degli inglesi e dei francesi, che lo accomuna ai connazionali Carlo Piaggia e Gaetano Casati, che esplorarono il bacino del fiume Uelle e l’Alto Nilo. L’esploratore britannico Stanley divenne invece nell’area congolese lo strumento operativo di re Leopoldo II del Belgio, che nel Congo realizzò un vero e proprio genocidio, passando all’epoca per un filantropo. “Orrore! Orrore!” sono le ultime parole di Kurtz, il protagonista di “Cuor di tenebra” di Joseph Conrad, osservando sulla palizzata davanti alla sua capanna nella foresta pluviale del Congo le teste conficcate di alcuni indigeni trucidati. Le terrificanti visioni di Kurtz sono quelle del genocidio perpetrato in Congo tra fine Ottocento e primi del Novecento proprio da re Leopoldo II del Belgio, che divenne artefice dei più atroci misfatti della storia coloniale africana.

Come ho scritto nel mio saggio “Patria, colonie e affari” (Luglio editore, Trieste, 2020), re Leopoldo II reclutò il celebre esploratore Henry Morton Stanley, per il quale il nostro Manfredo Camperio nutrì una vera e propria venerazione: il britannico percorse il fiume Congo raccogliendo centinaia di contratti ingannevoli con i capi tribù locali, mettendo le basi per costruire un sistema di stazioni commerciali che raccogliessero le riserve della foresta, e in particolare il caucciù. Duemila agenti bianchi facevano il lavoro sporco, governando migliaia di mercenari che controllavano gli indigeni: chi non lavorava abbastanza o non faceva il proprio dovere veniva eliminato o menomato a vita (anche ai bambini vennero mozzate mani e piedi).

Nello “Stato libero del Congo” nell’arco di un ventennio morirono almeno 10 milioni di persone. Nell’agosto del 1908, prima di cedere ufficialmente la sua colonia personale al governo del Belgio, Leopoldo II fece bruciare per otto giorni di fila la maggior parte dei suoi archivi coloniali, per cancellare le sue malefatte, facendo così scomparire per sempre pagine importanti della dominazione coloniale europea in Africa. Il 12-14 settembre 1876 si tenne la Conferenza Internazionale di Bruxelles organizzata proprio dal re del Belgio Leopoldo II e che ebbe un taglio fortemente imperialistico – coloniale. L’Italia fu rappresentata solo da Cristoforo Negri, a cui il citato re chiese un aggiornamento sulle spedizioni italiane ai grandi laghi. Mentre nel 1877 Comboni veniva ordinato vescovo e vicario apostolico nell’Africa centrale (Sudan) e Romolo Gessi, dopo essere stato decorato dalla Società Geografica Italiana, cercava un incarico presso Gordon Pascià per combattere gli schiavisti sudanesi, Adamoli e Baratieri (si, proprio colui che ci avrebbe dondotto alla disfatta di Adua) ritenevano “pericoloso” che l’Associazione Internazionale Africana dichiarasse guerra alla tratta degli schiavi: altri, addirittura, consideravano perfettamente in linea con la cultura islamica la schiavitù praticata dai sultanati Adali e Danakil (Dancalia)!

Ma chi fu Brazzà? Pietro Savorgnan di Brazzà nasce a Roma nel 1852, discendente di famiglia aristocratica friulana. Brazzà visse forse l’ultima stagione di esplorazione nella storia dell’uomo. L’Africa, all’epoca, non era stata ancora interamente mappata ed incerta restava la geografia interna del continente. Grandi difficoltà creavano i corsi fluviali dei quali era, in molti casi, sconosciuta la fonte. Celebri furono le spedizioni inglesi per risalire alla fonte del Nilo.

La spedizione del fiume Ogouè (1874)

Nel 1874, per poter realizzare la sua passione di esploratore, dovette chiedere la naturalizzazione e ottenne la cittadinanza francese; da allora, dopo essere stato reintegrato nei ruoli della Marina francese con il grado di sottotenente di vascello di complemento, per un ventennio si sarebbero sviluppate le sue esplorazioni nell’Africa centrale, con le conseguenti ricerche geografiche, antropologiche e naturalistiche realizzate nel corso di tre spedizioni grazie anche a un consistente contributo finanziario della famiglia Sempre nel 1874 Brazzà fu incaricato di risalire l’Ogouè (tra Gabon e Congo) che si pensava conducesse direttamente ai Grandi Laghi. Ma era una supposizione errata. Minacciata dalle malattie infettive, dall’impervio percorso fluviale e dall’ostilità delle tribù locali che avevano già conosciuto l’efferatezza dei colonizzatori nella persona di Henry Morton Stanley, la missione francese si rilevò inconcludente. Brazzà, durante la spedizione, tentò di liberare invano dalla schiavitù le popolazioni che incontrava.

Tornato in Francia, fu coperto dagli onori. Gli fu, quindi, offerto di condurre un’altra missione nella stessa regione allo scopo, questa volta, di fondare una colonia. La colonia del Congo Nel 1882 fu finanziata una seconda esplorazione, che avrebbe portato alla fondazione della colonia del Congo nel 1884, nell’ambito della quale Brazà si distinse per l’attenzione verso la condizione dei colonizzati. Non si adoperò mai a depredare le genti africane come facevano allora gli europei, ma preferì comprendere e rispettare le altre culture. Osteggiato dalle autorità francesi, denunciò a più riprese le violenze imperialistiche.

Rientrò a Parigi il 10 novembre 1885 accolto dal mondo politico con molta diffidenza, che cercò di rintuzzare con una serie di conferenze, riuscendo a essere nominato luogotenente-governatore della nuova colonia dell’Ovest africano il 17 aprile 1886 e tornare nuovamente in Africa nel marzo del 1887 per compiervi ulteriori esplorazioni. Gli ultimi anni e la morte Brazzà, dopo il 1897, si stabilì ad Algeri dove si sposò ed ebbe tre figli.

Nel 1903 Brazà fu richiamato in Congo dall’amministrazione francese che si trovava in grande difficoltà. Nel 1903, infatti, si verificò lo scandalo Toque-Gaud. I due governatori della colonia del Congo, Toque e Gaud, si resero responsabili di un episodio veramente raccapricciante. I due francesi, alla liberazione di un gruppo di prigionieri locali, fecero posizionare un esplosivo su uno degli africani. Il tutto fu fatto per impartire ai congolesi una dura lezione. Una morte orribile toccò allo sventurato. L’opinione pubblica francese si ribellò ai metodi barbarici dell’amministrazione francese. Per calmare le acque si decise di richiamare Brazzà che era molto amato dai congolesi e godeva di largo credito in patria. L’esploratore redasse una scottante relazione, nonostante la forte opposizione francese, denunciando i crimini commessi dai colonizzatori. Nel viaggio di ritorno Brazzà morì improvvisamente a Dakar il 14 settembre 1905. Ufficialmente di malattia, forse avvelenato. Fu sepolto ad Algeri. La relazione di Brazzà fu rapidamente insabbiata. Si chiuse, così, la vita del colonizzatore gentile.

Se nel Congo Belga, poi Zaire e oggi Repubblica Democratica del Congo, ci si è affrettati a rimuovere tutti i segni dell’odioso e particolarmente violento passato coloniale (e lo stesso anche in Belgio, si veda la vicenda del Musée Royal de l’Afrique centrale a Tervuren), a Brazzaville l’aspetto coloniale si è mantenuto. Brazzaville, che ha conservato l’intitolazione originaria, è oggi la capitale della Repubblica del Congo, uno stato non certamente “democratico” e governato dal controverso presidente Denis Sassou Nguesso, al potere ininterrottamente dal 1979 Sassou Nguesso si è reso protagonista di una discussa iniziativa “neocoloniale”: la costruzione a Brazzaville, nel 2005 del Mausoleo di Pietro Savorgnan di Brazzà.

Le spoglie dell’esploratore, riconosciuto ufficialmente come eroe dal Congo, sono state traslate, non senza polemiche, da Algeri a Brazzaville. La salma del “nobile esploratore” è stata così paradossalmente utilizzata per rafforzare le fondamenta antidemocratiche dell’attuale Repubblica del Congo. Questi sono i paradossi della nostra storia contemporanea, che violenta la memoria.

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore