Guido Boggiani

Il 25 settembre di 160 anni fa nasceva ad Omegna Guido Boggiani.

Spinto – com’egli scrisse – da “una invincibile smania di vedere mondo nuovo e gente nuova, nuove terre e nuovi orizzonti” (Viaggi d’un artista, 1895), nel novembre del 1887 partì per l’Argentina. Dopo essere stato per alcuni mesi a Buenos Aires, si trasferì nel 1888 nel Paraguay stabilendosi, a cominciare dal 1889, a Puerto Casado. Da qui si recò più volte nell’interno del Gran Chaco, ancora non completamente esplorato, e si trattenne ripetutamente presso alcune tribù della zona come i Chamacoco e i Caduvei (ai Caduvei dedicò una magnifica pubblicazione edita nel 1895, ed a cui è tratta l’illustrazione che vedete). Iniziò così la sua attività di esploratore e di etnologo. Non smise mai di dipingere, dedicandosi soprattutto al disegno e all’acquarello.

Oggi, esattamente come l’Amazzonia, anche il Gran Chaco, la seconda area per biodiversità del Sudamerica compresa tra Brasile, Bolivia, Paraguay e Argentina, è minacciato dalla mano dell’uomo. Un patto concordato dal Museo Verde, la cui sede è stata creata a Karcha Balut, nell’alto Paraguay, promuove circuiti economici rispettosi e sostenibili, per tutelare le culture locali e il delicato ecosistema. Ce ne parla Alberto Caspani nel numero di settembre 2021 di Altreconomia.

Come ha scritto Francesco Surdich nella sua prefazione al mio libro appena pubblicato sull’Amazzonia, gli esploratori italiani dell’Ottocento dedicarono una particolare attenzione all’America del Sud, e in particolare alla sua Finis Terrae, la Patagonia e la Terra del Fuoco, raggiunte, visitate e descritte da alcune delle figure più significative della letteratura odeporica del Novecento, come, per limitarci alle più importanti e suggestive, Bruce Chatwin, Francesco Coloane, Luis Sepulveda e Paul Theroux, ma dei quali furono validi precursori, nell’Ottocento, anche esploratori italiani del calibro di Giacomo Bove e Alberto Maria De Agostini.

Accanto a quanti abbiamo appena ricordato limitatamente alla Patagonia e alla Terra del Fuoco, territori affascinanti perché estremi, non da meno furono per numero e importanza gli italiani che, nel corso dell’Ottocento e del Novecento, si riversarono anche in altre aree del Sudamerica, contribuendo alla loro esplorazione e conoscenza, in un momento in cui quei territori e le relative popolazioni, dopo le guerre per la conquista dell’indipendenza dal dominio coloniale spagnolo, stavano costruendo le loro identità nazionali attraverso un percorso complesso e anche in taluni casi contradditorio. Ci riferiamo a personaggi del calibro di Agostino Codazzi, Guido Boggiani, Luigi Balzan, o di quanti, sulla spinta data fin dai primi anni dell’Ottocento all’esplorazione dell’America meridionale e dalle imprese e dagli studi di Alexander Von Humboldt, operarono con eccellenti risultati anche nell’area del Rio delle Amazzoni, tra cui voglio ricordare in particolare Ermanno Stradelli.

Past for the future. Se vogliamo salvare le aree custodi della biodiversità oggi sempre più minacciate del pianeta, e con esse le popolazioni native, dobbiamo necessariamente ricorrere alla memoria storica della nostra esplorazione. Torniamo pertanto alla selva amazzonica, ai territori paludosi del Gran Chaco, e ripercorriamo le vicende dei nostri esploratori. Ci aiuterà a ridimensionare noi stessi, a limitare il nostro eurocentrismo e ad avvicinarci ad una complessità per troppo tempo negata dai presunti miti della superiorità dell’uomo bianco

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore