Frontiere (politica, industria e finanza da Giolitti a Mussolini)

Dopo aver completato e pubblicato il volume sugli “Esploratori lombardi” per l’Editoriale Delfino (e che trovate già in vendita anche on line), sto avanzando con la stesura di un nuovo volume storico, dove parlo di “frontiere”.

La “Frontiera Est” del fascismo fu preceduta dalle iniziative individuali di uomini e soprattutto “capitani d’industria” che, sostenuti dalle banche, si avventurarono fuori dai confini nazionali alla ricerca di nuovi orizzonti di guadagno e di affermazione, determinando quella “formidabile fusione d’intenti” che si sarebbe consolidata in seguito e avrebbe portato alla creazione mussoliniana del mito dei “produttori”. Questo libro riassume (nel bene e nel male) questa storia, che fu importante corollario all’imperialismo fascista in Africa.

Nell’ambito della “questione adriatica”, Trieste subì traumaticamente il passaggio dalla Mitteleuropa al nazionalismo e all’irredentismo. La “visione postuma” dell’esperienza di questa città ci potrà salvare dalla condanna del frammento e ricondurci così finalmente alla comprensione dell’interezza, in un momento in cui nuovi fantasmi e nuove pandemie si diffondono in tutta Europa, e vorrebbero riportare le lancette dell’orologio della storia ai giorni luttuosi del secolo passato. In una specie di “predestinazione geografica”, l’Italia ebbe tra i suoi principali obiettivi, oltre all’Africa, l’area danubiano-balcanica, l’Adriatico e l’Oriente. Fondendo interessi concreti e missioni provvidenziali, la geografia commerciale (che era stata inventata a Milano da Manfredo Camperio negli anni Settanta dell’Ottocento) diventò così la guida sicura alle imprese di colonizzazione economica e politica. In politica estera, il fascismo si contraddistinse per estrema adattabilità e trasformismo: fascisti e bolscevichi collaborarono efficacemente per realizzare i piani industriali dei soviet a Mosca e sostenere le politiche economiche della FIAT.

In queste pagine, la storia nazionale e internazionale dell’Italia da Giolitti a Mussolini si rispecchia e si intreccia ai temi economici fino alla “grande crisi” conseguente al crollo di Wall Street del 1929, che portarono alla fine del modello di “banca mista” della COMIT e alla creazione dell’IRI. Furono anni di profondi cambiamenti, di conflitti, di violenze.

Antonio Gramsci, pur essendo recluso e isolato dal mondo, nel suo Quaderno 22 analizzò gli impatti dell’americanismo e del fordismo sull’organizzazione del lavoro e sui profondi cambiamenti che avrebbero generato nella società italiana. Anche Luigi Pirandello, nel corso di un’intervista con Corrado Alvaro , disse: “[…] L’americanismo ci sommerge […], il denaro che corre il mondo è americano, e dietro al danaro corre il modo di vita e la cultura”. E sarà sempre Gramsci a riconoscere l’origine “speculativa” della crisi del 1929 in America e, con essa, lo “[…] smisurato spostamento di ricchezza e un fenomeno di espropriazione “simultanea” del risparmio di vastissime masse della popolazione” , che rimane ancora oggi una caratteristica immutabile delle crisi finanziarie che, ciclicamente, si ripetono.

(nella foto, Giuseppe Toeplitz, AD unico della COMIT dal 1920 al 1933, il vero “timoniere della Nave Italia”, come lo dipinse Mario Sironi in un bozzetto del 1922)

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore