Etiopia: conflitti interetnici e impatti sul Corno d’Africa

Il 12 luglio 20, sempre su questo mio blog, vi avevo intrattenuti sull’argomento, parlando dei conflitti in Oromia, che hanno portato all’uccisione del cantante Hachalu Hundessa. Oggi dobbiamo purtroppo tornare sull’argomento per parlare di un’altra grave situazione di conflitto che interessa il Tigrai, un’area suggestiva tra Eritrea ed Etiopia famosa per le sue chiese rupestri ma che oggi versa in gravi difficoltà e in situazioni di povertà diffusa.

Come riportato da molti media internazionali, nella notte tra il 3 e il 4 novembre 2020 si sono infatti verificati scontri a fuoco nella capitale regionale del Tigrai, Macallè, e nella cittadina di Dansha, dove si sono fronteggiate le forze dell’esercito federale e quelle regionali agli ordini del Tigray People’s Liberation Front – TPLF. Secondo fonti locali, che citano il primo ministro Abiy Ahmed, ci sarebbero state numerose vittime nel corso degli scontri e il governo federale avrebbe dichiarato di voler ripristinare l’ordine attraverso l’impiego della forza. Il primo ministro accusa le autorità ribelli del Tigrai di aver attaccato una caserma dell’esercito federale, al culmine di un’escalation politica che ha ormai oltrepassato la fatidica “linea rossa” del conflitto, mentre i vertici del TPLF da Macallè rigettano ogni accusa ed anzi denunciano le forze federali per aver aperto il fuoco contro le locali forze di sicurezza.

Dopo 29 anni di incontrastato potere il Fronte Popolare di Liberazione del Tigrai – TPLF è uscito agli inizi del 2020 dalla coalizione di governo Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope EPRDF. L’annuncio è stato dato nella mattinata del 7 gennaio dopo le festività del Timkat, l’Epifania ortodossa. La storica decisione, piena di incognite per il futuro dell’Etiopia, è stata presa dopo una riunione straordinaria del partito di due giorni.

Il TPLF partecipò alla lotta di liberazione condotta dal Derg la giunta comunista militare guidata dal Maggiore Mengistu Haile Mariam che scacciò l’ultimo Imperatore Amara per instaurare una società socialista. Il TPLF fu poi escluso dal governo, e per reazione riprese la lotta armata. Nel febbraio 1976 i membri del TPLF pubblicarono un manifesto politico che prevedeva la secessione del Tigrai dall’Etiopia e la formazione di una Repubblica Indipendente. Una decisione appoggiata anche dal nuovo membro della leadership tigrina.

In meno di due anni Abiy (metà Amara e metà Oromo) ha intaccato il potere dei tigrini, entrando in netto contrasto con il TPLF. Anche la pace con l’Eritrea è stata un motivo dello scontro all’interno della coalizione di governo. Il quadro resta molto incerto e frammentario, allo stato attuale, la cui analisi è resa difficile dalla scarsità di informazioni che giungono dal paese, soprattutto in conseguenza della mancanza di reporter indipendenti sul campo e dalla sospensione delle connessioni alla rete internet in buon parte delle province settentrionali, nell’ambito di una risposta da parte del governo centrale orientata a non permettere ulteriori insubordinazioni da parte delle autorità regionali.

Il primo ministro Abiy Ahmed ha confermato l’adozione dello stato d’emergenza per sei mesi (rinviando le imminenti elezioni politiche) e l’adozione di provvedimenti atti a ristabilire l’ordine attraverso l’impiego delle forze armate, di fatto dichiarando definitivamente conclusa ogni ipotesi di compromesso con le autorità ribelli del TPLF nel Tigrai. Il rischio, quindi, è adesso quello di una diffusione della violenza su vasta scala e, soprattutto, la possibilità di determinare un conflitto locale che interessi ampi strati della popolazione tigrina, che potrebbe già aver ricevuto istruzioni e armi (da agenti esterni) per resistere all’offensiva del governo centrale predisponendosi a una modalità di combattimento di lungo periodo che potrebbe impattare anche sulla confinante Eritrea. Scopo di questo conflitto sarebbe l’autodeterminazione e quindi il distacco formale dalla federazione etiopica, avviando un pericoloso processo di crisi e un gravissimo precedente, che potrebbe determinare un effetto a catena catastrofico per l’Etiopia.

L’attuale crisi nel Tigrai non fa altro che confermare l’inadeguatezza crescente del modello federale etiopico su base etnica. E la scintilla nel Tigrai potrebbe innescare a catena altre crisi regionali, che potrebbero a loro volta portare ad un vero e proprio collasso della federazione etiopica. La crisi del federalismo etnico non interessa infatti solo i rapporti tra Addis Abeba e Macallè ma si estenda anche alle regioni dell’Oromia, dell’Amhara e dell’Ogaden.

Questa situazione di tensione si innesta in un quadro generale di tensioni con l’Egitto generate dalla realizzazione della diga del Grande Rinascimento sul Nilo Azzurro. La crisi nel Tigrai potrebbe essere quindi sfruttata dal Cairo per alimentare l’instabilità anche nella regione del Benishangul-Gumuz, dove sorge il cantiere della diga e dove da mesi si registrano incursioni di miliziani addestrati ed armati oltre il confine sudanese. Restano poi gli interessi, oltre che per Gibuti, anche per la costa eritrea, che potrebbe nel breve vedere l’insediamento di nuove basi militari straniere. Mentre i turchi stanno monopolizzando la loro presenza nei porti somali e operando nella valle dell’Omo river con grandi piantagioni agricole intensive. Non dimentichiamoci anche la presenza cinese e la limitrofa area di guerra dello Yemen, dove si stanno fronteggiando una coalizione a guida saudita e i ribelli zaiditi del nord di religione sciita (appoggiati dall’Iran).

I grandi attori internazionali non hanno mai perduto il loro interesse per questa regione strategica. Come sul finire dell’Ottocento, c’è un grande movimento intorno a questo enorme territorio, attraversato periodicamente da guerre e carestie, interessantissimo per cultura e scenari naturali ma che purtroppo presenta ancora oggi tassi di crescita economica bassissimi. Un bel “ripasso” della storia coloniale, e non solo italiana, dell’Ottocento può sicuramente aiutarci per non perdere la bussola in quest’area così complessa. Qualcuno pronto a soffiare sul fuoco si trova sempre, approfittando anche delle possibili crisi alimentari conseguenti alla devastante invasione di locuste che ha investito le campagne etiopiche nel corso del 2020, e proprio ora che gli USA sembrano voler abbandonare la loro egemonia sul Medio Oriente e sulle aree ad esso collegate. Staremo anche qui a vedere quale sarà la nuova politica internazionale degli USA a valle della nomina del novo presidente Biden. Il Grande Gioco nel Corno d’Africa continua.

(nella foto: il premier etiopico Abiy Ahmed)

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore