Ermanno Stradelli, un esploratore dimenticato

La storia dell’esplorazione italiana è piena di personaggi importanti ma oggi pressoché dimenticati. L’elenco sarebbe lunghissimo. Oggi voglio ricordare un grande italiano che dedicò la sua vita allo studio e alla conoscenza dell’Amazzonia e dei suoi popoli, e che morì di lebbra a Manaus nel 1926. Qualche giorno fa si è diffusa sui media la notizia della “scoperta” di una specie di Cappella Sistina rupestre dell’Amazzonia colombiana. Si sono sprecati particolari, ma sono stati in pochissimi a riferire che Ermanno Stradelli fu tra i primi a scoprire e studiare le pitture rupestri e i petroglifi dell’Amazzonia.

Originario di Borgotaro, Stradelli nel 1879 salpò da Bordeaux alla volta del Brasile, raggiungendo Manaus, sulle rive del Rio Negro, uno dei grandi fiumi amazzonici che percorse con le canoe degli indios, nel cavo delle quali trasportava una farmacia portatile, per sé e per gli altri, gli strumenti topografici e delle casse per raccogliere il materiale ornitologico ed etnografico.

Per più di quarant’anni Stradelli visse in Amazzonia, raccogliendo le leggende degli indigeni e studiandone le lingue. Privilegiò la descrizione degli ambienti naturali, delle incisioni rupestri, e lo studio delle leggende e dei costumi indigeni. I locali lo definivano affettuosamente “mayra raira” («figlio del grande serpente»), vale a dire dell’essere superiore che creò il mondo e del quale gli vennero riconosciuti tutti gli attributi supremi della bontà. Di tutte queste popolazioni (e in particolare di quelle che abitavano lungo il corso dell’Uaupé, i cui indigeni chiamano ancora oggi con il suo nome alcuni sentieri che circondano l’alto Tiquié) osservò e studiò la gerarchia sociale, le tecniche usate nei lavori dei campi, le tradizioni relative alla nascita, al matrimonio, alla morte e all’ospitalità. Stradelli fu il primo a pubblicare la “saga di Jurupari”, e il documento ha assunto un eccezionale valore etnologico, liberando la leggenda e il mito da elementi estranei derivanti da errate interpretazioni, contaminazioni e ingerenze (anche missionarie), e restituendo uno spaccato di cultura amazzonica straordinariamente suggestivo e poetico.

Oggi dobbiamo proprio a Stradelli se lo Jurupari è stato salvato dall’oblio e ha ripreso la posizione di primissimo piano che gli spetta nella cosmogonia amerinda. Jurupary, secondo la leggenda, è una sorta di antenato legislatore al quale si devono le norme che reggono la convivenza e l’assetto sociale presente, il progenitore mitico semi-divino che, per la sua fondamentale opera civilizzatrice, è temuto, rispettato ed oggetto di culto. Oggi, davanti alla distruzione sistematica dell’Amazzonia perpetrata dal presidente brasiliano Bolsonaro, abbiamo bisogno di credere a un nuovo Jurupary per salvare la foresta primordiale e i suoi popoli nativi dalla fine. Ricordare Ermanno Stradelli assume pertanto un preciso significato: la resilienza culturale e la memoria possono sempre fare sempre la differenza rispetto all’abbruttimento e alla tirannia del presente, proiettandoci verso un futuro più rispettoso e più umano.

(nell’immagine: foto di Ermanno Stradelli)

Pubblicato da pellegatta

Alessandro Pellegatta è uno scrittore appassionato di letteratura di viaggio, storia coloniale e dell'esplorazione italiana nel mondo. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al Corno d'Africa. E' membro del comitato scientifico del Museo Castiglioni di Varese. Ha pubblicato diversi libri per le case editrici FBE, Besa editrice, Historica e Luglio editore